Frausin si presentò all’appuntamento, fu caricato su un camion e portato via

L’Unità, 17 gennaio 1950. Fonte: Clionet

Nell’ambito della storia della Resistenza locale, che fu costellata di innumerevoli tragedie (arresti, deportazioni, assassini e delazioni), spesso alcune vicende vengono strumentalizzate a scopo propagandistico e nazionalistico in senso anti-jugoslavo. Una delle storie ricorrenti di questo tipo di strumentalizzazione è la triste vicenda del dirigente comunista Luigi Frausin, che fu arrestato nell’estate del ‘44 nel corso di un’imponente azione repressiva antipartigiana operata dall’Ispettorato Speciale di PS, cioè la famigerata “banda Collotti”.
È “voce” (e specifichiamo: solo di “voce” si tratta, senza alcun riscontro storico) ricorrente che Frausin sarebbe stato arrestato in seguito ad una delazione operata da non meglio precisati “partigiani slavi” che avrebbero tradito Frausin perché si era posto in contrapposizione alle “mire jugoslave su Trieste”, cioè sarebbe stato contrario all’annessione della provincia di Trieste alla Jugoslavia dopo la liberazione dei territori dal nazifascismo.
Che si tratti solo di una “voce”, che come tutte le “voci” non dimostrate è incontrollabile per il male che può fare a livello di rapporti interetnici e politici, dovrebbe essere ben chiaro a chiunque abbia solo una minima conoscenza di quel periodo storico. Ma dato che purtroppo sono molti pochi coloro che hanno questa conoscenza, sono quindi molto pochi anche coloro che, sentendo queste affermazioni infamanti, possono essere in grado di smentirle.
Per questo motivo riassumeremo qui brevemente la storia dell’arresto di Frausin, com’è stata descritta da alcuni storici che si sono basati anche su circostanze processuali oltre che su testimonianze dell’epoca.
Luigi Frausin, nome di battaglia “Franz”, nato a Muggia (una cittadina costiera a pochi chilometri da Trieste il 21/6/98), fu dirigente del Partito Comunista di Trieste. Partigiano del CLN triestino, organizzò le formazioni partigiane della Venezia Giulia. Ucciso l’1/12/44 in Risiera, gli fu conferita nel dopoguerra la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria.
Il suo arresto, avvenuto il 24/8/44, seguì di pochi giorni quello del nipote Giorgio, cui era particolarmente legato, anch’egli partigiano, inquadrato della Brigata Garibaldi Trieste.
Frausin fu arrestato nel corso di un’operazione di polizia durata un paio di mesi che falcidiò il movimento partigiano triestino, provocando l’arresto di 75 persone, molte delle quali anche di etnia slovena e membri delle organizzazioni resistenziali facenti capo al Fronte di Liberazione – Osvobodilna Fronta (cioè l’organizzazione che, secondo la vulgata di cui si diceva all’inizio, avrebbe avuto interesse ad eliminare Frausin per le sue posizioni politiche). Ci riesce pertanto difficile credere che la realpolitik dell’O.F. arrivasse a far arrestare tanti propri collaboratori solo per poter eliminare un dirigente politico che si trovava in disaccordo su una cosa della quale si sarebbe comunque dovuto discutere in tempi non tanto vicini. Ed inoltre bisogna ricordare che la posizione di Frausin rispetto alla futura appartenenza politico-amministrativa della Venezia Giulia non era assolutamente di rottura con i dirigenti jugoslavi.
Leggiamo ora quanto appare in un “Estratto” compilato dal dirigente comunista Giorgio Iaksetich, così come riferito da Rodolfo Ursini-Ursic, a proposito di questa ondata di arresti.
< Egli (Iaksetich, n.d.r.) rilevava che l’operazione della Polizia aveva avuto inizio nel rione di San Giovanni, estendendosi poi a tutta la città – colpendo in particolare San Giacomo – nonché a Muggia ed a Monfalcone. A partire dall’arresto di Giorgio Frausin, il 22 agosto 1944, gli arresti procedono a valanga. Dopo pochi giorni, viene decapitato l’organo centrale del Partito del Litorale, con l’arresto di Luigi Frausin. Segue una breve pausa. La Polizia vuol vedere chi sostituirà Luigi Frausin nella carica di segretario, prima di continuare negli arresti. Ed infatti non appena Vincenzo Gigante subentra a Luigi Frausin, pochi giorni dopo viene arrestato. Altra breve pausa. Ermanno Solieri subentra a Gigante: poco dopo viene arrestato. Così pure vengono arrestati tutti i componenti della Sezione stampa e propaganda assieme al responsabile della stessa, Luigi Facchini. L’ultimo dei dirigenti della Federazione ad essere arrestato senza neppur riuscir ad assumere formalmente la carica di segretario, era stato Alfredo Valdemarin, ritornato al lavoro clandestino, dopo alcuni mesi di “brigata”, su sua richiesta, dopo l’ecatombe di tutti i quadri del PCI della zona >.
Sullo specifico arresto di Frausin, Iaksetich riferì quanto gli aveva detto un altro dirigente comunista, Vincenzo Gigante (anch’egli arrestato nell’operazione dell’estate del ‘44), e cioè che il 24/8/44 < alle 14.30 Luigi Frausin ha un appuntamento alla fine di via Pindemonte sopra la Rotonda del Boschetto con uno che doveva dargli notizie del nipote Giorgio > . Frausin si presentò all’appuntamento, fu caricato su un camion e portato via.
Rodolfo Ursini-Ursi prosegue così.
< La Polizia, dopo aver fatto “piazza pulita” nelle fila della “resistenza” italiana a Trieste e provincia, diede il via alle operazioni contro quella slovena. A differenza di quanto era accaduto per i GAP, essa non era riuscita ad infiltrarsi nel VOS e nel suo “braccio armato”, VDV. Pertanto la furia poliziesca si era abbattuta subito, fin dal principio, sul massimo organo del KPS a Trieste. Coinvolgendo per una pura fatalità, pure il segretario organizzativo del Comitato del KPS per il Litorale sloveno, Anton Velušcek, arrestato per l’appunto assieme a Franz Segulin >.
Troviamo a questo punto anche un commento rispetto all’argomento del nostro articolo, cioè la mai sopita polemica che attribuisce a “delazioni slave” gli arresti di Frausin e degli altri dirigenti del PCI italiano, in quanto considerati “non favorevoli” alla politica della Resistenza jugoslava.
Dopo avere riportato le sopra citate parole di Iaksetich, Ursi riscontra un < incredibilmente basso livello del rispetto delle più elementari norme cospirative che regnava nell’organizzazione del PCI di Trieste e provincia e della totale irresponsabilità del capo che avrebbe dovuto presiedere alla “sicurezza” dell’organizzazione e dei suoi dirigenti. Pertanto è sbalorditivo quanto detto da Don Marzari, Giovanni Paladin, Carlo Schiffrer, Vittorio Vidali, Mario Colli, che con una leggerezza stupefacente, si riempirono la bocca – i due ultimi assieme ad altri “eminenti stalinisti” triestini dell’epoca – con asserite “delazioni slave” a danno di Luigi Frausin e di altri dirigenti del PCI del Litorale. Ho già evidenziato (…) come Collotti non avesse nessun bisogno dei “nazional-comunisti slavi” per metter le mani sui dirigenti comunisti di Trieste con alla testa Frausin > .
Per quanto concerne la responsabilità concreta dell’arresto di Frausin, lo storico (sicuramente non sospettabile di simpatie “slavocomuniste”) Galliano Fogar scrive: < probabilmente il delatore di Frausin fu un ex ufficiale partigiano della Garibaldi-Trieste passato al nemico (…) Frausin fu atrocemente quanto inutilmente torturato sia dal Collotti che dalla Gestapo. Al processo della Risiera la vedova (…) raccontò che un suo cugino, rinchiuso in una cella del comando SD-SIPO in piazza Oberdan, vide Frausin in condizioni pietose da far ritenere che poca vita gli restasse > . Stando a quanto emerso in un processo celebrato nel 1946, il traditore del Battaglione partigiano triestino, responsabile dell’arresto di Frausin e dei due fratelli Gaspardis , sarebbe stato identificato in un certo Enzo Marsich (o Marsi), detto “Giulio”, che aveva abitato in via Diaz 10 assieme alla sua amante Mirella Pizzarello, confidente della SS e dell’Ispettorato, responsabile degli internamenti del dottor De Manzini e del maggiore Gaspare Canzoneri. Condannato il 22/3/46 dalla Corte Straordinaria d’Assise a dieci anni < come delatore stipendiato dalle SS >, Marsich fu successivamente amnistiato. Inoltre la Corte < giudicò però insufficienti le prove relative alla delazione e alla cattura del Frausin di cui il Marsi si era vantato > .
È curioso che nell’elenco reso pubblico degli appartenenti alla struttura “Gladio” appaia anche un Enzo Marsi, di Trieste, che ha però un’altra data di nascita.
Queste le risultanze storiche di pubblico dominio. Come abbiamo visto, non c’è alcuna prova, od indizio, che l’arresto di Frausin possa essere attribuito a “delazione slava”: ciononostante questa “bufala” continua ad essere diffusa da divulgatori storici o rappresentanti politici, che, peraltro, al di là della “voce” pura e semplice, non hanno mai portato alcuna prova.
Redazione, Il caso Frausin, La Nuova Alabarda, Ottobre 2005

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Pensionato di Bordighera (IM)
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