
Le Forze Alleate arrivarono a Caserta il 5 ottobre del 1943 e posero il Comando Generale a Palazzo Reale, «dove restarono fino all’8 luglio del 1946» <65. L’arrivo degli anglo-americani era stato preceduto da massicci bombardamenti sull’intera provincia, in particolare su Capua e Santa Maria Capua Vetere, dove poco prima che le truppe inglesi entrassero in città, «un centinaio di persone assaltava la caserma dei carabinieri per impossessarsi delle armi con cui dare la caccia a nazisti e fascisti». <66 Terra di Lavoro era stata segnata profondamente dalla violenza dell’occupazione tedesca. Il breve periodo che va dall’8 settembre alla liberazione fu drammatico. I tedeschi, in ritirata verso Nord, facevano «terra bruciata» sui territori: saccheggiavano, requisivano cibo e animali, tagliavano le linee di comunicazione per creare le maggiori complicazioni possibili alle truppe alleate ed inoltre per piegare le popolazioni civili, compirono una sequenza di stragi efferate: Bellona, Caiazzo, Sparanise, Marzano Appio, Conca della Campania, Presenzano (solo per ricordarne alcune tra le più tragiche). <67 Lo stesso giorno dell’arrivo degli alleati nella città della reggia borbonica fu liberata anche Marcianise, mentre dal 7 al 13 ottobre si combatteva la battaglia del Volturno; Piedimonte Matese era liberata il 19 ottobre, Teano il 31, il 1 novembre Presenzano, il 4 Sessa Aurunca, il 17 dicembre San Pietro Infine. Lungo questo percorso bellico, già sul finire degli anni 80 del secolo scorso, «l’associazione Vittime Civili di Guerra censiva più di 2000 vittime, in testa c’ è Capua con 342 vittime civili, seguita da Roccadevandro con 164, Sessa Aurunca con 105, Mignano Montelungo 100 <68». A queste morti bisogna aggiungere gli sfollati, i militari sbandati e quelli caduti lungo la linea Gustav, sepolti nel Sacrario di Mignano Monte Lungo. Giuseppe Capobianco, che per primo ha indagato gli avvenimenti sulla occupazione nazista in Terra di Lavoro, ha sostenuto che qui si manifestarono «forme di difesa e di lotta che poi si sono sviluppate e arricchite lungo tutta la fase della Resistenza nazionale». <69 L’intero territorio casertano fu occupato allora dall’esercito tedesco con la predisposizione di più linee difensive: quella del Volturno che seguiva il corso del fiume, la linea Barbara che sfruttava i rilievi montuosi di Mondragone, Teano, Presenzano e Mignano Monte Lungo, la linea Bernhard lungo i monti di Venafro, San Pietro Infine e di Monte Camino e la Gustav che andava dal Garigliano a Cassino. <70 I due eserciti, quello tedesco e quello alleato si fronteggiarono lungo la linea che dal Garigliano arrivava fino a Cassino. Sul territorio vigeva il coprifuoco dalle 19 alle 6 del mattino; di giorno era comunque vietato muoversi dal proprio comune. Questa imponente e drammatica occupazione tedesca, insieme alle azioni militari degli alleati (che non avevano risparmiato di certo sui propri raid aerei) rasero al suolo il già fragile sistema produttivo casertano. Per darne un’idea, si tenga conto che all’Intendenza di finanza di Caserta, pervenivano «1882 domande per danni di guerra alle industrie, per un valore complessivo di 1.964.834.808 milioni di lire». <71 Dopo i bombardamenti, erano andati distrutti i ponti di Sessa Aurunca, di Cancello ed Arnone, il Ponte Margherita nell’Alifano e quello di Annibale sul Volturno e le reti stradali e fognarie risultavano essere gravemente compromesse. <72 Nelle campagne la guerra aveva danneggiato le colture e distrutto i raccolti, ma gli agrari incuranti degli eventi, pretendevano il pagamento del doppio del canone, ossia 900 lire contro le 450 per ogni quintale di grano, quale penale per mancato conferimento del prodotto nel corso dei combattimenti. <73 L’area casertana era una realtà tradizionalmente arretrata, sprovvista delle infrastrutture primarie. L’analfabetismo era diffusissimo, la struttura sociale era pre-capitalista. La proprietà della terra, fonte primaria di sopravvivenza, era concentrata nelle mani di grandi agrari che investivano altrove i proventi della rendita. La condizione di arretratezza in cui versava il casertano, rimanda all’Inghilterra del primo periodo Tudor, dove i ricchi agrari recintavano sconfinate distese di terra destinandole a pascolo per le pecore. Ricchi e nobili, con le recinzioni, sottraevano ettari di terreno demaniale ai contadini, affamandoli e relegandoli ai margini della società. <74 Analogamente nelle pianure del Volturno e del Garigliano, i latifondi erano incolti o destinati al pascolo bufalino. Il governo fascista aveva stanziato a suo tempo 214 milioni di lire per rendere più produttiva l’agricoltura in Campania attraverso opere di bonifica e trasformazione agraria. Tuttavia, nel dopoguerra non si riscontrava alcuna maggiore produttività dell’agricoltura «sui 23.000 fertilissimi ettari nella piana del Sele», così come su quelli «del Volturno e del Garigliano». <75
La legislazione sulla bonifica integrale prevedeva che i Consorzi impartissero le direttive per la trasformazione fondiaria nei Comprensori e qualora, i privati non eseguissero le opere si interveniva espropriando i terreni per il corrispettivo. <76 Anche se il fascismo fu debole nel far attuare le direttive, l’ONC procedeva con le espropriazioni di vasti territori. Nell’aprile del ’44, a liberazione avvenuta nel basso Volturno sebbene il passaggio all’amministrazione del governo italiano sarebbe avvenuto solo nel luglio del 1944 la proprietà terriera espropriata dall’ONC si mobilitava per reimpossessarsi dei terreni perduti. In ogni caso, le espropriazioni avevano riguardato soprattutto i piccoli proprietari, mentre la grande proprietà terriera era stata lasciata indenne <77. Emblematici sono il caso di Donna Teresa dei Principi Ruffolo – che aveva interessato direttamente il Duce affinché la sua tenuta fosse lasciata ai proprietari e quello del Senatore Giacinto Bosco e dei suoi familiari. Il contenzioso tra Bosco e lo Stato italiano, si chiudeva nel 1951, «con l’assegnazione del podere n. 397, cinque ettari e 61 are in cambio dei tre ettari che erano stati espropriati». <78 Nella fase di prima ricostruzione per Caserta, territorio ancora facente parte della provincia di Napoli, le difficoltà si aggravavano ulteriormente. Infatti «i drammatici problemi della metropoli facevano apparire secondari i problemi non meno gravi della periferia, e Napoli vedeva la Campania, presa nel suo insieme, la sua affamatrice perché da lì veniva alimentato il mercato nero». <79 «L’olio di oliva costava 30 lire se comprato con la tessera, e 300, se comprato al mercato nero, i salari medi degli operai andavano dalle 65 alle 150 giornaliere, funzionari dello Stato e carabinieri erano pagati meno di 65 lire». <80 A Caserta, l’esercito americano era divenuto il primo datore di lavoro. Il reclutamento avveniva tramite «un collocamento» organizzato dall’insegnante socialista Attilio D’Angelo; da questa iniziativa sarebbe poi sorta la Camera del Lavoro. I mestieri e le mansioni richieste erano «porter, icecream man, stove man (facchino, gelatiere, fuochista)» <81 nel mentre gli americani contagiavano i casertani con «il grande amore per il jazz». <82
Mario Pignataro, dirigente della CGIL e del PCI nel periodo ‘43-’46, collaborò prima con i partigiani con il nome di battaglia «Garibaldi», poi con i Servizi Strategici americani, grazie alla conoscenza dell’inglese, francese e un po’ di tedesco.
Sul Certificato di Apprezzamento rilasciatogli si legge: «questo attestato è testimonianza della sincera gratitudine al signor Mario Pignataro per il suo disinteressato aiuto a quest’ufficio e all’Esercito degli Stati Uniti d’America nella lotta per la liberazione d’Italia» <83. L’organigramma della «Region 3 che governava i territori di Napoli, Avellino e Benevento» <84 era composto prevalentemente da americani. Ben 106 ufficiali erano addetti agli «Affari Civili» e la presenza di graduati inglesi era modesta. Gli alleati portavano un aiuto concreto ed un sollievo effettivo alle popolazioni civili provate dalla miseria e dalla violenza della guerra. Furono distribuite medicine, cibo, beni di prima necessità, ma in quanto forza occupante si perseguivano anche obiettivi politici. Il controllo dei territori era infatti meticoloso e sotto osservazione vi era la ricostruzione dei partiti e delle istituzioni locali <85. Il ruolo svolto dagli occupanti, non si limitava a quello di semplici osservatori. Nella transizione dal fascismo alla repubblica, e quindi in vista della ricostruzione perfino delle classi dirigenti, le scelte di campo operate dall’AMG erano chiare. Nel febbraio del 1944 Corrado Graziadei, la figura più prestigiosa dell’antifascismo casertano, fu detenuto in prigione per un mese, solo perché si era recato al Congresso CLN di Bari, senza essere stato autorizzato dagli alleati <86. Nel riferire l’accaduto, «l’Unità» sosteneva dalle sue pagine che «la vera ragione dell’arresto di Graziadei, era invece per l’aver svolto la sua opera antifascista». <87 Quello di Graziadei non fu l’unico episodio: a Calvi Risorta, Benedetto D’Innocenzo, nominato dal CLN sindaco pro- tempore, veniva deposto dagli anglo-americani per la sua nota militanza comunista. <88 Analoga situazione, si registrava a Marcianise, dove l’azionista Saverio Merola veniva estromesso dalla direzione del Municipio alla vigilia del voto referendario per «bloccare la democratizzazione delle opere pie e la municipalizzazione delle guardie campestri». <89
Intanto i reduci rientravano dal fronte e «con la smobilitazione dei campi di lavoro alleati i disoccupati aumentavano» <90, nelle campagne riprendevano le lotte dei contadini, gli operai (i pochi rimasti) scioperavano. Il malessere sociale era intercettato dalle nascenti organizzazioni sindacali e dai partiti della sinistra. In questo clima le forze moderate alimentarono una campagna anticomunista, che veniva appoggiata dalle forze alleate e il 1° novembre del 1945 a Caiazzo furono assaltate e distrutte le sezioni del PSI e del PCI. Dai verbali redatti dalle forze dell’ordine, si legge che le armi utilizzate per l’assalto erano «moschetti americani» <91 e al «momento dell’azione si trovavano a Caiazzo diversi poliziotti americani per eventualmente intervenire in caso di necessità». <92 Le sezioni distrutte furono comunque riaperte nel febbraio del 1946. Le manifestazioni dei disoccupati e reduci di guerra si moltiplicavano: «da Piedimonte d’Alife a Capua dove 500 persone manifestavano divanzi al Municipio perché fosse distribuito il riso depositato nel Consorzio agrario». <93 Episodi analoghi si verificavano «a Carinola e a Marcianise»,94 mentre le forze conservatrici, economiche e politiche si riorganizzavano per stroncare ogni ipotesi di rinnovamento. Secondo Capobianco – che esprimeva anche un’ostilità ancora dettata dalle frizioni e dalle asprezze della guerra fredda – «la presenza del governo militare alleato, massiccia, anche perché Caserta fu sede del comando generale fino a tutto il 1946», consentiva «alle forze dominanti di recuperare rapidamente le loro posizioni di potere e di determinare, con il sostegno dei militari alleati, quella continuità tra vecchio e nuovo regime che fu di ostacolo ai tentativi delle avanguardie di imporre misure di rinnovamento e di presenza autonoma delle masse nella lotta politica». <95 Una presenza quella degli alleati a Caserta che non terminava con la sottoscrizione del trattato di Pace, il 29 aprile ’45, ma durava fino al 1947, quando il comando era finalmente spostato a Livorno.
[NOTE]
65 G. Capobianco, Sulle ali della democrazia – Il PCI in una Provincia del Sud (1944- 1947) Edizioni Spartaco, SMCV 2004, p.113.
66 Ivi, p.10.
67 Cfr G. Gribaudi, (a cura di), Terra bruciata, l’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2003. G. Capobianco, La Giustizia negata, Centro Studi Corrado Graziadei, Caserta 1990, p.10.
69 Ivi, p. 37.
70 Cfr F. Corvese (a cura di) Terra di Lavoro dal secondo dopoguerra agli anni ’70, ESI, Napoli luglio-dicembre 2006, p.252.
71 CCIAA Caserta, (a cura di) Cinque anni di attività camerale 1946-1951, Caserta, p. 59.
72 F. Corvese (a cura di), Terra di Lavoro dal secondo dopoguerra agli anni 70, cit., p. 50.
73 Scritti di C. Graziadei in «L’Unità» del 3 marzo 1945, Leggi agrarie e loro applicazioni, ora anche in Quaderno n. 1 supplemento de «Il progresso di terra di Lavoro», Caserta 1979, p.26.
74 Cfr K.Polany, La grande trasformazione, Einaudi, Torino 2010, p.46.
75 Cfr G. Capobianco, Una nuova questione meridionale, Edizioni Spartaco, SMCV 2004, p.69.
76 Cfr. G. Capobianco Dalla bonifica integrale alla riforma fondiaria in Campania, in Italia contemporanea, n. 189 anno 1992, p. 680
77 Ivi, p.681.
78 Ivi. p. 682.
79 Cfr. G.Capobianco, Il valore delle lotte sindacali nel dopoguerra per la trasformazione economica sociale di Terra di Lavoro, conferenza al 2° Corso di Formazione Sindacale CGIL Formez 4-8 giugno 1984, Caserta, a cura CGIL Campania Comprensorio Caserta.
72 M. Pignataro, I primi anni di attività della ricostituita Camera Confederale del Lavoro nel dopoguerra (1943-1947) stampa a cura della CGIL di Caserta 2° Congresso di Comprensorio 19/20 dicembre 1985, p. 4.
73 D.A. Ianniello, La città di Caserta dalla fine della guerra alla ricostruzione, (a cura) F. Corvese, Terra di Lavoro dal II dopoguerra agli anni ’70 n. 3-4 ESI, Napoli 2006, p. 211.
82 Ibidem
83 Testimonianza rilasciata all’autrice d’ora i poi «TAA» da M. Pignataro a Caserta in data 05 gennaio 2012, presso la sua abitazione.
84 P. De Marco, La politica alleata in Italia-Il caso della Region 3 L’occupazione alleata a Napoli e in Campania, p.239.
85 G. Capobianco Sulle ali della democrazia, op. Cit.p.94.
86 C. Graziadei, Le lotte nelle campagne di Terra di Lavoro, Quaderno n. 1 suppl. de il progresso di Terra di Lavoro, p.9.
87 Cfr G. Capobianco, La costruzione del partito nuovo in una provincia del Sud, Coop Editrice Sintesi, Salerno 1981, p. 83.
80 Cfr. Benedetto D’Innocenzo (Calvi Risorta 29.01.1879- 26.02.2962) Biografia di un comunista, documento in possesso dell’autrice.
89 G. Capobianco Una nuova questione meridionale, Op. Cit. p.117.
90 G. Capobianco, Sulle ali della democrazia, cit., p. 94.
91 Ivi p.95.
92 Ibidem
93 A. G. Paolino, La provincia ritrovata Terra di Lavoro 1946 1948, Edisud, Salerno 2007, p. 37.
94 Ibidem
95 G. Capobianco Sulle ali della democrazia, cit., p.37.
Paola Broccoli, La modernizzazione di Terra di Lavoro negli anni 1957-1973, Tesi di dottorato, Università degli Studi del Molise – Campobasso, Anno accademico 2015/2016