
Alexander Langer fu convintamente un uomo di pace. Le istanze di costruzione di una cultura e una politica nonviolenta sono il filo conduttore non solo dei suoi scritti, ma anche e soprattutto della sua esperienza di vita.
Oltre a quello della sua formazione cattolica, furono due gli ambiti che più contribuirono a consolidare la vocazione pacifista di Langer. Il primo fu quello fiorentino degli anni Sessanta, soprattutto nel rapporto con padre Ernesto Balducci, dal quale egli apprese l’abilità da “uomo planetario” di leggere le sfide del mondo di oggi secondo una prospettiva di interdipendenza e complessità. <1 Grande rilievo ebbe inoltre il periodo che Langer trascorse, a partire dal 1973, in Germania Federale, durante il quale entrò in contatto con il movimento pacifista tedesco, facendo propri gli aspetti organizzativi e relativi agli strumenti di azione che il popolo della pace italiano non era ancora riuscito a darsi con compiutezza.
Queste esperienze avrebbero certamente avuto minore rilievo se non avessero interpellato una personalità già di per sé intimamente nonviolenta, votata alla conciliazione più che alla divisione, animata da un profondo istinto di giustizia e sempre portata alla ricerca del dialogo.
D’altra parte, non è possibile dimenticare l’urgenza con la quale Langer si impegnò, personalmente e in qualità di rappresentante dei cittadini, per contrastare la logica violenta che a suo modo di vedere permeava le società e le istituzioni politiche e economiche.
Il complesso degli scritti langeriani struttura una concezione pervasiva della violenza, che non coincide con il mero uso delle armi, ma, in un’ottica più ampia, rappresenta una logica che il mondo contemporaneo ha ormai interiorizzato e che ne regola, ormai quasi incontrastata, i rapporti sociali ed economici. Da una parte essa si rivolge contro gli uomini, quando assume il volto di un nazionalismo che crea divisioni o nel momento in cui condiziona le relazioni economiche perpetrando un’iniqua distribuzione delle risorse che a sua volta genera discriminazioni e povertà.
D’altro canto, la violenza colpisce duramente anche la biosfera compromettendo, spesso irrimediabilmente, gli equilibri ambientali e il patrimonio naturale a disposizione delle generazioni presenti e future.
Langer delinea quindi un’idea di “pace tra gli uomini e con la natura”, <2 complessa e trasversale: è attenta al presente ma mantiene sempre un’ottica di lungo periodo, condanna empietà e soprusi a tutti i livelli e nelle loro forme molteplici, non è separabile dalle cause della giustizia sociale e dell’ambientalismo. (3)
Il legame profondo che Langer individua tra la solidarietà umana e il rispetto per la natura gli permette di superare l’antropocentrismo classico e proporre una sua concezione “biocentrica” (4) del mondo, all’interno della quale pace e tutela della vita trovano la loro sintesi in quello che lo stesso intellettuale altoatesino definisce Oecopax, un approccio ecologista alla pace. <5
Altrettanto saldo può definirsi il rapporto tra l’impegno pacifista e nonviolento e un altro dei temi centrali della riflessione di Langer: il rispetto e la convivenza tra diversi. Le derive violente che creano tensioni tra persone e popoli fino a sfociare, nei casi più estremi, in sanguinosi conflitti armati nascono dall’incapacità degli uomini e delle istituzioni di gestire la convivenza plurale e plurietnica all’interno dello stesso territorio.
Una necessità si erge imperiosa su tutte le altre: bandire ogni forma di violenza, reagire con la massima decisione ogni volta che si affacci il germe della violenza etnica, che – se tollerato – rischia di innescare spirali davvero
devastanti e incontrollabili. <6
2.2 Nazionalismo e separatismo etnico: i germi della violenza sociale
Langer colloca i fanatismi etnici e patriottici tra gli ostacoli principali alla costruzione di contesti sociali improntati alla mutua tolleranza e alla convivenza pacifica. La tendenza a preservare le proprie possibilità economiche e sociali e il timore nei confronti del diverso possono in parte spiegare la diffidenza che individui e gruppi provano nei confronti di persone appartenenti ad altre etnie, ma è del tutto inaccettabile che i governi, le amministrazioni politiche e il mondo della cultura possano non semplicemente tollerare, ma addirittura veicolare e incentivare pratiche di differenziazione e separazione etnica. La legittimazione su ampia scala di diritti e garanzie legati
esclusivamente a un’appartenenza rischia di compromettere gli equilibri sociali, di creare contrasti e di degenerare in pericolosi rigurgiti nazionalisti.
Langer definisce il nazionalismo come una “forma istituzionalizzata dell’egoismo collettivo”. <7
“Il demone nazionalista […] si diffonde con grande rapidità, opera una semplificazione collettiva di inimitabile efficacia (al pari del razzismo e del fanatismo religioso), distingue con nettezza tra “noi” (amici) e “loro” (nemici), fa rapidamente proseliti, emargina (e magari punisce) come traditore chi non è d’accordo e non canta nel coro, suggerisce di passare dalle parole ai fatti e di rendere più netta (possibilmente fisica) la separazione tra amici e nemici, si nutre di simboli e richiami che rafforzano l’identità collettiva ed aiutano a compattare tutti, nasconde e rimuove bene – almeno temporaneamente – i problemi economici e sociali ed unisce ricchi e poveri in nome di un “noi” etnocentrico che esclude (o sottomette) gli ‘altri’, per includere invece, persino forzatamente, tutti quelli della propria parte”. <8
Pur non negando il ruolo saliente della dimensione etnica nel processo di costruzione dell’identità sociale, Langer tuttavia ne rifiuta con fermezza l’esclusività. L’appartenenza etnica non rappresenta l’unico fattore di caratterizzazione identitaria all’interno di uno stato o di una regione, le cui popolazioni invece condividono trasversalmente legami territoriali, significati e riferimenti valoriali.
Se da una parte egli considera legittime le rivendicazioni di autonomia di tutte le comunità locali, dall’altra ritiene errato pensare che laddove è presente un’etnia non possa esserci spazio per altre.
Oggi ancor più degli anni in cui Langer visse, i suoi scritti esprimono la necessità di sviluppare una cultura diffusa del dialogo e della convivialità. La totale assenza di contesti omogenei dal punto di vista etnico e culturale, definitivamente sancita dai fenomeni migratori su larga scala, pone la questione delle prospettive di sviluppo sociale nei termini di una scelta tra esclusivismo e convivenza.
La via proposta dall’intellettuale altoatesino è chiaramente la seconda e prevede in primo luogo una valorizzazione della dimensione territoriale a discapito di quella etnica o nazionale. Lo sviluppo di un senso di appartenenza comune tra le persone conviventi sul medesimo territorio crea un legame forte con esso e tra le generazioni che vi si susseguono. Al contrario, l’appiattimento sulla distinzione etnica comporta, nel migliore dei casi, confini rigidi che rimarcano le divisioni e limitano la partecipazione alla vita della società o, in situazioni più gravi, può condurre ad atti unilaterali di secessione, odio etnico e guerre civili, come nel caso dell’ex-Jugoslavia.
[NOTE]
1 Cfr. E. BALDUCCI, L’uomo planetario, Giunti, Milano, 2005.
2 A. LANGER, La semplicità sostenibile, in «Senza Confine», 1 luglio 1992, Archivio Fondazione Langer.
3 Cfr. A. LANGER, La causa della pace non può essere separata da quella dell’ecologia, in «Azione Nonviolenta», aprile 1989, ripubblicato in Fare la pace, cit., pp. 37-42.
4 R. DALL’OLIO, Oltre il limite. La resistenza mite in Alex Langer, La Meridiana, Molfetta (BA), 2000, p. 27.
5 A. LANGER, Oecopax. Un approccio ecologista, in «Emergenze», dicembre 1988, p. 13, Archivio Fondazione Langer.
6 A. LANGER, Tentativo di decalogo per la convivenza interetnica, cit., ripubblicato in Il viaggiatore leggero, cit., p. 302.
7 A. LANGER, L’Europa e il conflitto nell’ex-Jugoslavia, conferenza e dibattito presso il liceo «A. Cornaro» di Padova, 5 febbraio 1995, pubblicato in Il viaggiatore leggero, cit., pp. 306-307.
8 A. LANGER, Per la pace e la convivenza in Jugoslavia, A. LANGER, Per la pace e la convivenza in Jugoslavia, in «Metafora Verde», novembre 1991, ripubblicato in Vie di pace/Frieden Schließen, cit., p. 113.
Luca Colombo, Il pensiero pedagogico di Alexander Langer. Verso una cultura del limite e della convivenza, Tesi di laurea, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Anno Accademico 2008/2009