Nonostante qualche difficoltà, comunque, diversi comunisti italiani mostrarono di apprezzare la Société européenne de culture

Particolarmente interessanti si rivelano poi due lettere del dicembre 1949. Nella prima, il filosofo francese [Henri Lefebvre (1901-1991)] sosteneva di avere incontrato Maurice Thorez, segretario del PCF, e di avere ottenuto da parte sua una prima accettazione alla partecipazione comunista alla Société européenne de culture (SEC), benché il politico avesse indirizzato Lefebvre a Laurent Casanova, incaricato nel partito delle relazioni con gli intellettuali; un grave incidente aveva tuttavia impedito l’incontro tra i due prima della partenza di Lefebvre per la Cecoslovacchia. <309 Campagnolo replicava al filosofo comunista che il punto di vista di Thorez gli sembrava assimilabile a quello di Togliatti, di cui si parlerà a breve, <310 anche se, a dire il vero, era difficile ritenere compatibili le due posizioni, stando almeno a quanto riportato dalle fonti recuperate. Ciò mostrava come il suo interesse fosse quello di giungere a un successo, anche propagandistico, della SEC, eventualmente a costo di manovre forse non troppo chiare, sebbene giustificabili. Il Segretario generale poteva dunque sostenere che la SEC, di fronte ai primi sommovimenti seguiti all’annuncio della nascita della Società e alle prime adesioni illustri, aveva grandi possibilità di svilupparsi rispetto ad altre organizzazioni che si ritenevano di matrice europeista – e in questo passaggio la polemica anche nei confronti del MFE o del Centre européen de la culture appariva senza appello. Tale constatazione, che egli aveva tratto principalmente dalla disponibilità alla collaborazione promessagli da Lefèbvre, avrebbe fornito uno stimolo per proseguire nella difficile impresa. <311 Non che ogni aspetto dell’istituzione veneziana fosse stato gradito al filosofo marxista (che ad esempio aveva disapprovato alcuni membri presenti nel Comitato promotore), <312 tuttavia anche Terracini era consapevole che la sua collaborazione avrebbe avuto un peso importante per guadagnare alla Società i comunisti indecisi. <313 Ciononostante, neppure Lefèbvre, come la gran parte dei comunisti italiani, a parte Concetto Marchesi, Gabriele Mucchi e Sibilla Aleramo, avrebbe potuto essere contato tra i membri del Comitato promotore al momento della costituzione formale della SEC. Nonostante l’entusiasmo iniziale, infatti, egli si sarebbe in seguito distaccato dalla Società, probabilmente dopo che la direzione del PCF si era messa di traverso, impedendo l’adesione di comunisti francesi. <314 Dalle lettere recuperate non emerge tuttavia nulla in questa direzione e ciò rende il passaggio problematico e al momento insondabile. Anche i rapporti con i comunisti italiani non furono mai particolarmente semplici. Da una lettera di Umbro Apollonio a Campagnolo si deduce, ad esempio, che Ranuccio Bianchi Bandinelli minacciava con un telegramma di pubblicare le lettere intercorse tra lui e il Segretario generale se le sue parole di comprensione per l’attività della SEC fossero state scambiate per un’adesione. <315 Nonostante qualche difficoltà, comunque, diversi comunisti italiani mostrarono di apprezzare la Società e di sostenerne gli sforzi, eppure alla fine di gennaio del 1950 si registrò un repentino passo indietro da parte dei comunisti più in vista, che lasciò tutti i più assidui interlocutori di Campagnolo con il fiato sospeso. Terracini fu il primo ad avvertire il Segretario generale della decisione presa nelle alte sfere del PCI, e nelle carte della sua corrispondenza con Campagnolo si riflette il passaggio verso un improvviso allontanamento dopo che per oltre un anno si era assistito a una fervida collaborazione, sancita non soltanto dall’impegno per le nuove adesioni, ma soprattutto dalla stesura più o meno collettiva della documentazione e dagli apprezzamenti per un’opposizione netta della SEC rispetto a iniziative come il Centre européen de la culture. <316 In una lettera datata 30 gennaio si leggeva, infatti, che lo stesso Terracini non avrebbe più potuto proseguire la collaborazione con la SEC. Il senatore comunista ricordava a Campagnolo, senza scendere nei dettagli, come la partecipazione di alcuni intellettuali comunisti all’iniziativa veneziana avesse suscitato nella cerchia degli “amici”, ossia tra le personalità più in vista del PCI, reazioni contrastanti. La sua personale posizione era stata quella di non venire meno alla cooperazione ufficiale con un’istituzione culturale che differiva dai partiti politici e che si poneva invece con un ruolo di mediazione, e a suo dire il fatto che la questione fosse rimasta in sospeso a lungo gli aveva permesso di sentirsi autorizzato a contribuire allo sviluppo della nascente SEC. Nel momento in cui, tuttavia, il gruppo dirigente gli aveva domandato una decisione definitiva, egli non aveva potuto che scegliere di interrompere la collaborazione, non senza provare amarezza e ribadendo il rispetto per l’opera svolta da Campagnolo. <317 Antonio Banfi, invece, di ritorno da un viaggio, in una lettera del giorno 8 febbraio dava notizia del riesame della partecipazione comunista alla SEC compiuto insieme a quelli che anche lui chiamava “amici”, ed era costretto a comunicare che la conclusione del colloquio era stata sfavorevole al proseguimento della cooperazione. Al di là della buona volontà, infatti, egli riteneva impossibile continuare a essere membro della SEC, dal momento che alcuni non meglio definiti “punti oscuri” non sarebbero stati ancora chiariti. La decisione implicava l’uscita di Banfi dal Comitato promotore e la restituzione dell’articolo per l’Annuario che già era stato inviato per la traduzione. <318
Probabilmente in seguito a un colloquio personale o telefonico, l’articolo venne poi comunque concesso per la pubblicazione sul primo numero di “Comprendre”, e ciò dimostra come Campagnolo, rispondendo a Banfi, non avesse torto a ritenere che la decisione non fosse irreversibile e a sperare in una futura ripresa dei rapporti. Il Segretario generale, in effetti, si dichiarava convinto che i motivi che avevano spinto Banfi a prendere quella spiacevole decisione erano direttamente connessi alle ragioni stesse di esistenza della Società. <319
Ma che cosa era dunque successo all’inizio del 1950 all’interno della più ristretta cerchia di politici e intellettuali comunisti? Non è stato possibile risalire alle ultime discussioni che portarono Terracini, Banfi e molti altri intellettuali a lasciare (momentaneamente) la SEC, tuttavia il fatto che altri uomini di cultura vicini al PCI, come Marchesi, Mucchi e la Aleramo, siano rimasti all’interno del Comitato promotore dà credito all’ipotesi che, in realtà, non fosse giunta alcuna direttiva univoca da parte della segreteria del Partito, ma soltanto una forte spinta all’abbandono. Tale suggerimento non doveva essere stato vincolante, dal momento che già nell’estate del 1949, secondo la documentazione rintracciata presso l’Archivio del PCI, <320 la Direzione del Partito si era espressa a detrimento della SEC. Nel corso della riunione della Direzione del 7 luglio, stando ai verbali, il secondo punto all’ordine del giorno aveva riguardato la «questione dell’adesione alla organizzazione europeistica promossa dal professor Campagnoli [sic]», in relazione alla quale si era sviluppata «una breve discussione» che aveva visto gli interventi di Umberto Terracini, Palmiro Togliatti ed Emilio Sereni. Terracini aveva cercato di difendere l’iniziativa, sostenendone la bontà e mettendo in evidenza come la rinuncia alla collaborazione già evidentemente decisa dal PCF non poteva rappresentare una motivazione sufficiente per abbandonare la nave. Togliatti, tuttavia, aveva sottolineato come i membri della SEC fossero «gente senza nessun obiettivo politico utile per noi», affermando crudamente che «[n]on possiamo stare in una associazione dove ci sono Croce e Gonella». La discussione, stando al verbale, era stata conclusa in modo perentorio da Sereni, per il quale non era affatto vero, come probabilmente Terracini aveva osato affermare, «che la iniziativa rientri nella linea internazionale del Partito. La mia opinione è di rifiutare», e, in effetti, la decisione fu quella di respingere l’adesione. <321 Da tale breve scambio di battute – evidentemente considerato talmente poco rilevante da non meritare neppure di figurare nel comunicato finale della seduta -, Togliatti appariva particolarmente tranchant: il vero problema non sarebbe consistito nella mancanza di un utile risvolto politico nelle attività della SEC, quanto nelle possibili ripercussioni negative di una collaborazione con elementi democristiani non certo aperti al dialogo o con un simbolo del vecchio liberalismo anticomunista come Croce. Certo solo più avanti nel tempo sarebbe stato chiaro a tutti che a dare il tono all’associazione non erano certo i Croce e i Gonella, tuttavia è anche evidente come, in quel periodo, il lavoro culturale così come era inteso dalla Direzione del PCI fosse ancora lontano dallo stabilire una serie di relazioni con gli intellettuali di tutti i colori e di tutte le tendenze ideologiche. In quel frangente, infatti, quasi tutti gli uomini di cultura che contavano, in Italia, erano vicini al Partito comunista, e dunque il dialogo con coloro che non si accodavano alla maggioranza non era ancora necessariamente percepito come un’esigenza. Non bisogna inoltre trascurare il fatto che, quando era stato a capo del MFE, Campagnolo si era rifiutato di avere un colloquio con Palmiro Togliatti: certo i tempi erano cambiati e il Segretario generale della SEC si era fatto verosimilmente più flessibile sotto certi punti di vista, tuttavia non è escluso che fosse rimasto un certo risentimento da parte del dirigente del PCI. Malgrado queste prese di posizione del luglio 1949, Banfi e Terracini avrebbero proseguito alacremente la loro collaborazione con Campagnolo, ed è pertanto probabile che la Direzione del PCI avesse semplicemente rifiutato un ingresso ufficiale di militanti del Partito nella SEC. È possibile che, invece, all’inizio del difficile anno 1950, su Banfi e Terracini, certamente i membri comunisti più in vista, fosse stata fatta pressione per abbandonare una collaborazione giudicata ambigua. Altri, invece, come Marchesi, intellettualmente indipendente, oppure Mucchi, semplice militante poco conosciuto, restarono nel Comitato promotore perché forse la loro presenza risultava non compromettente dal punto di vista politico. Nell’Annuario pubblicato in occasione dell’Assemblea costitutiva, Campagnolo non avrebbe fatto alcun cenno diretto a quanto accaduto, ma i comunisti erano senza dubbio da inserire nel quarto gruppo di intellettuali individuati dal Segretario generale tra coloro che avevano opposto resistenze all’ingresso nella SEC. La spiegazione addotta da Campagnolo per motivare un simile atteggiamento faceva riferimento alla semplice «circonspection» di fronte a un’iniziativa «si neuve et insolite». <322 A sorprendere è soprattutto il fatto che il Segretario generale rispondesse a distanza alle dure obiezioni sollevate da Togliatti e che Terracini doveva avergli comunicato. Egli scriveva infatti che «[l]a présence au Comité de la Société Européenne de Culture d’hommes qui pourraient ne pas pleinement leur agréer ne saurait être considérée en soi comme le motif décisif de leur refus, mais seulement comme une des raisons de leur perplexité». <323 Queste parole avrebbero in realtà potuto adattarsi anche agli anticomunisti, ma quasi certamente si era di fronte a una reazione a quanto sostenuto da Togliatti in sede di Direzione del Partito. Campagnolo, non senza una certa presunzione, affermava anche che gli intellettuali che si erano visti impossibilitati ad associarsi all’istituzione veneziana avrebbero perso un’occasione importante, poiché la SEC «aurait été pour eux l’instrument le plus efficace dont ils se seraient servi même vis-à-vis de leurs respectives organisations religieuses et politiques, non certes pour s’opposer à elles, mais pour maintenir ou rétablir le rapport exact entre la fonction sociale de celles-ci et celle de la culture; fonctions qui ne peuvent être que complémentaires». <324 In quanto convinto difensore dell’autonomia della cultura, egli non poteva che rinfacciare a coloro che avevano accettato di mettersi sotto la tutela di istanze esterne al campo intellettuale il fatto di non avere compreso la gravità della situazione. Un’altra conseguenza legata al ritiro dei comunisti dalla SEC riguardava anche “Comprendre”, poiché la collaborazione alla rivista rischiava di non essere più assicurata. Campagnolo era dunque stato obbligato a domandare a Mueller di interrompere la traduzione del saggio di Banfi. <325 La lettera di Campagnolo a Mueller, nonostante su questa vicenda vi siano pochi elementi, dal momento che spesso, su temi delicati, il Segretario generale faceva di tutto per comunicare di persona, è importante per comprendere come il clima all’interno e all’esterno dell’associazione non fosse comunque mutato, nonostante i clamorosi passi indietro di Terracini e di Banfi. Confortato dall’opinione degli altri membri del Comitato Esecutivo, Campagnolo si dichiarava consapevole, infatti, che il tono delle missive con le quali diversi intellettuali comunisti si erano ritirati non era pessimista né accusatorio nei confronti della SEC. Egli annunciava pertanto che le attività preparatorie sarebbero proseguite normalmente. <326
I rapporti con Banfi, in effetti, non si erano affatto deteriorati: già all’inizio di marzo del 1950 Campagnolo poteva comunicare a Mueller che, nel corso di un incontro con l’autorevole filosofo e senatore comunista, egli era riuscito, senza insistere troppo, a ottenere comunque il placet per la pubblicazione del contributo. <327 Si trattava di un importante obiettivo raggiunto, dal momento che era stato evitato in partenza un fallimento dell’azione di dialogo. Ciò avrebbe confermato come il ritiro dei comunisti non inficiasse né le basi né gli sviluppi futuri dell’attività della SEC, e anzi, secondo il Segretario generale, avesse paradossalmente aiutato a chiarire la situazione. <328 Si può
infatti ipotizzare che Campagnolo, al fine di evitare le accuse di filocomunismo, fosse dopo tutto lieto di lasciare gli intellettuali comunisti in secondo piano, mantenendo comunque i contatti. Egli poteva in questo modo difendersi da chiunque volesse imputargli una mancanza di attenzione nei confronti della sinistra, ma allo stesso tempo dimostrava che la sua associazione non era infiltrata da marxisti o, peggio, stalinisti. Stanislao Ceschi, diversamente da Campagnolo, appariva molto più sospettoso nei confronti della tattica comunista e soprattutto di Terracini; anche se nella lettera al Segretario generale in cui discuteva dell’accaduto egli si manteneva decisamente sul vago, non dando forma ai suoi dubbi circa l’onestà dei quesiti posti da Terracini, in particolare in relazione ai Partigiani della pace, il suo atteggiamento rimaneva quello di non voler cadere in un equivoco, verosimilmente poiché il senatore democristiano riteneva che l’impossibilità da parte della SEC di aprire ai Partigiani della pace si sarebbe rivelata un pretesto per rompere con la Società. <329 Gli unici nomi di comunisti italiani presenti nel Comitato promotore all’epoca dell’Assemblea costitutiva erano dunque quelli di Gabriele Mucchi, di Sibilla Aleramo, di Concetto Marchesi e di Silvio Guarnieri. Critico e saggista, Guarnieri (1910-1992), nonostante le difficoltà dei rapporti tra la SEC e i comunisti, ancora alla fine di febbraio del 1950 indicava nomi di personalità da invitare all’Assemblea costitutiva, quali Luc Haeserts o Émile Vauthier, <330 e assicurava che la rivista “Beaux Arts” avrebbe dedicato un’intera pagina all’evento. <331
Le adesioni comuniste apparivano pertanto caratterizzate da due velocità: in quella prima fase, infatti, la marcia a pieno ritmo di Terracini e Banfi aveva portato a un irrigidimento anche per via di una ferma indicazione della Direzione del Partito, mentre intellettuali inizialmente meno attivi rimasero un punto fermo, probabilmente per via della minore influenza che un comando indiretto proveniente dalle istanze centrali di Partito poteva avere su di loro. Le dinamiche di tale vicenda, tuttavia, non possono ancora essere chiarite in maniera definitiva.
[NOTE]
308 ASEC, Corrispondenza soci defunti, fasc. Lefebvre Henri, lettera di Umberto Campagnolo a Henri Lefebvre, 22 settembre 1949.
309 Ivi, lettera di Henri Lefebvre a Umberto Campagnolo, 9 dicembre [1949].
310 Ivi, lettera di Umberto Campagnolo a Henri Lefebvre, 22 dicembre 1949.
311 ASEC, Corrispondenza soci defunti, fasc. Mueller Fernand-Lucien, lettera di Umberto Campagnolo a Stanislao Ceschi, 23 dicembre 1949.
312 ASEC, Corrispondenza soci defunti, fasc. Terracini Umberto, lettera di Umberto Campagnolo a Umberto Terracini, 22 dicembre 1949.
313 Ivi, lettera di Umberto Terracini a Umberto Campagnolo, 30 dicembre 1949.
314 Ivi, lettera di Umberto Campagnolo a Umberto Terracini, 24 settembre 1949.
315 ASEC, Corrispondenza soci defunti, fasc. Apollonio Umbro, lettera di Umbro Apollonio a Umberto Campagnolo, 12 agosto 1949.
316 ASEC, Corrispondenza soci defunti, fasc. Terracini Umberto, lettera di Umberto Terracini a Umberto Campagnolo, 5 luglio 1949.
317 Ivi, lettera di Umberto Terracini a Umberto Campagnolo, 30 gennaio 1950.
318 ASEC, Corrispondenza soci defunti, fasc. Banfi Antonio, lettera di Antonio Banfi a Umberto Campagnolo, 8 febbraio 1950.
319 Ivi, lettera di Umberto Campagnolo ad Antonio Banfi, 14 febbraio 1950.
320 Fondazione Istituto Gramsci, Fondo Mosca, Direzione, MF 200, 12, 50, Verbale della direzione, 6-7 luglio 1949.
321 Ibid.
322 CAMPAGNOLO, Origines de la Société européenne de culture, cit., p. 11.
323 Ivi, pp. 11-12.
324 Ivi, p. 12.
325 ASEC, Corrispondenza soci defunti, fasc. Mueller Fernand-Lucien, lettera di Umberto Campagnolo a Fernand-Lucien Mueller, 13 febbraio 1950.
326 Ibid.
327 Ivi, lettera di Umberto Campagnolo a Fernand-Lucien Mueller, 6 marzo 1950.
328 Ibid.
329 ASEC, Corrispondenza soci defunti, fasc. Ceschi Stanislao, lettera di Stanislao Ceschi a Umberto Campagnolo, 19 gennaio 1950.
330 ASEC, Corrispondenza soci defunti, fasc. Apollonio Umbro, lettera di Umbro Apollonio a Umberto Campagnolo, 25 febbraio 1950.
331 Ivi, lettera di Umbro Apollonio a Umberto Campagnolo, 31 maggio 1950.
Fabio Guidali, Uomini di cultura e Associazioni intellettuali nel dopoguerra tra Francia, Italia e Germania Occidentale (1945-1956), Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano – Freien Universität Berlin, 2013

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