Elsa De Giorgi, la diva che sapeva raccontare

Elsa de’ Giorgi era una bellissima attrice di cinema e di teatro che, oltre a recitare appassionatamente, diede dimostrazione di saper anche scrivere, segnando la vita artistica e letteraria di un’epoca. Con il cinema (una ventina di titoli), Elsa acquistò popolarità di diva, e sotto certi aspetti (narcisismo, fascino prepotente) della diva aveva il temperamento; tuttavia per educazione (il padre era un intellettuale non allineato) e ricchezza di interessi si sentiva destinata ad altro. Se si cercano notizie su di lei, tuttavia, non se ne trovano abbastanza per capire che fu oggettivamente una precorritrice dei tempi, una donna di fascino e d’intelligenza a cui grandissime personalità hanno riconosciuto il genio. È l’editoria che, non ristampando più i suoi libri, non ha dato seguito a questo riconoscimento.
Nacque a Pesaro il 26 dicembre del 1914, ma come una vera diva festeggiava il suo compleanno un mese dopo, il 26 gennaio, diminuendo così abilmente la sua età di un anno. La sua famiglia era di antica aristocrazia provinciale, i Giorgi Alberti, nobili di Bevagna e Camerino. Fu una diva nel cinema autarchico degli anni ’30, dove iniziò una fitta carriera con il capolavoro minimalista T’amerò sempre del ‘33 di Mario Camerini. In seguito, dopo una ventina di film, si propose come attrice di prosa diventando una delle artiste più stimate, tanto che Luchino Visconti rese omaggio al suo carisma assegnandole il ruolo di Elena di Troia al centro del leggendario Troilo e Cressida del ’49 al Giardino di Boboli e Strehler nel’ 57 la identificò con la superintellettuale Madame Roland nei Giacobini di Zardi. Per finire, una terza apparizione: la dama crudele, la signora Maggi, che le affidò in Salò (’74) Pier Paolo Pasolini.
Nel 1948 sposò Alessandro Contini Bonacossi, detto ‘Sandrino’ <9, partigiano, scrittore e curatore d’arte al quale dedicò il memoriale partigiano “I Coetanei” <10, uscito per Einaudi. Nel ’92, dedicato all’amico Carlo Levi, pubblica Ho visto partire il tuo treno in cui ricostruisce la sua tormentata storia d’amore con Calvino e traccia un ritratto inedito dello scrittore; nel ’97 pubblica da Baldini Castoldi & Dalai il romanzo Una storia scabrosa <11. Muore a ottantadue anni il 12 settembre del 1997 <12.
Donna coraggiosa, Elsa de’Giorgi era una contessa con il debole per gli intellettuali; animatrice nel dopoguerra di un frequentato salotto romano, amava aprire la sua lussuosa casa per riunire a pranzo le più grandi menti del tempo con le quali riuscì a stringere amicizie che durarono tutta la vita:
“Scelsi senza esitazione l’amicizia offertami da gente come Trilussa, Savinio, Cecchi, Palazzeschi, Sibilla Aleramo, Lina Pietravalle, la Magnani allora ancora non rivelata. (…) l’attrazione verso gli spiriti geniali era istintiva. Il primo lusso cui mi abbandonai, indipendente e padrona di casa, fu l’ospitalità, il piacere di accoglierli, accostarli tra loro. Già allora avevo il gusto di riunire la gente nel più assoluto disinteresse (…)”. <13
La cosa che cattura subito l’attenzione è che il nome di Elsa De Giorgi viene collegato sia a quello di suo marito Sandrino, per le vicende giudiziarie che seguirono la sua scomparsa e per l’importantissimo patrimonio di opere d’arte, quanto a quello del suo amante Italo Calvino, tanto che la sua fama di diva del tempo risentì considerevolmente dello scandalo della separazione legale dal marito e della sua storia segreta con lo scrittore. <14
La questione giudiziaria del marito della De’ Giorgi, il conte Alessandro Contini Bonacossi (Sandrino), fu una questione complessa ed intricata della quale non si è ancora riusciti a risolvere il rompicapo, anzi continua tutt’ora ad essere un giallo irrisolto. Sandrino Bonacossi era l’erede, insieme ai fratelli e ad altri cugini (Lorenzo, Caterina e Anna Maria Papi) della più prestigiosa collezione italiana di arte antica, ricca di capolavori firmati Goya, El Greco, Tiziano, Ghirlandaio, Murillo. La preziosa collezione, che inizialmente ospitava 1.066 capolavori, fu realizzata pazientemente da Alessandro Contini Bonacossi e da sua moglie Vittoria Galli. Sono gli anni di fine ‘800, Alessandro era un modesto trafficante di francobolli di una famiglia piccolo borghese di Ancona, mentre Vittoria Galli era una donna di famiglia povera, ma di grandi doti intellettuali; i due si sposarono e diedero inizio ad un commercio di opere d’arte recandosi in Spagna per acquistare dalle grandi famiglie dell’aristocrazia spagnola (che al tempo si stavano spogliando dei loro patrimoni) <15. Durante il periodo fascista la famiglia si impose a tal punto che il duce conferì loro un titolo nobiliare e già nel 1945 i due coniugi si resero disponibili a devolvere il loro patrimonio allo Stato e al comune di Firenze.
Quando nel ’55, sei anni dopo la moglie, morì Alessandro Contini Bonacossi, un’eredità di 300 miliardi dell’epoca fu lasciata ai figli; vi erano, infatti, Alessandro Augusto (Sandro), Elena Vittoria (Vittorina) e Sandrino – che in verità era un nipote affiliato – che era l’unico a voler rispettare le volontà dei genitori, cioè che venisse donato tutto allo Stato e a Firenze. La donazione infatti, una volta sottoscritta dagli eredi, cambiò e previde che dei 148 dipinti rimasti, solo 35 (scelti da una commissione ad hoc) andassero allo Stato e che il resto delle opere potesse essere venduto personalmente dalla famiglia entro dodici anni a partire dal 1969. La famiglia Contini Bonacossi fu accusata quindi, di contrabbando di opere d’arte all’estero e di aver costituito illecitamente grosse riserve di capitali fuori dall’Italia: si insinuò che, dopo aver avuto la concessione dallo Stato di cedere la maggior parte delle 148 opere della collezione, in cambio della donazione di 35 pezzi, avessero venduto i quadri, a prezzi enormemente superiori a quelli stabiliti al momento dell’esportazione, trattenendo all’estero la differenza.
La dispersione della collezione continuò dunque in questo modo, per dieci anni, finché i Contini Bonacossi non vennero accusati di aver esportato le opere d’arte all’estero e vennero loro requisiti i dipinti restanti. Visto che i quadri erano stati sequestrati, gli eredi chiesero il ritiro della donazione, perché era venuta meno la condizione imposta per essa, ovvero la disponibilità delle opere; tuttavia questa richiesta non venne accolta e le opere d’arte furono condannate ad un destino incerto. <16 Vi erano quindi due ordini di problemi: quello dell’illecito guadagno, ma anche quello dello smembramento di una raccolta così importante. In tutto questo, Sandrino, che era l’archivista di famiglia e l’unico d’accordo sul cedere il patrimonio artistico allo Stato, nel luglio del 1955 scompare: lavora in America, dove fa il curatore per Samuel Kress (i quadri dei conti italiani costituirono per 30 anni la riserva della collezione della National Gallery di Washington). Nel 1975 venne ritrovato a terra morto nel suo residence di Washington, impiccato con due corde ad un tenda che non avrebbe mai potuto reggere il suo peso. Sorse così il dubbio se si trattasse di suicidio o omicidio.
Elsa De Giorgi, ormai vedova, si batté contro gli altri eredi raccontando la saga della famiglia Contini Bonacossi nel suo libro “L’Eredità Contini Bonacossi: l’ambiguo rigore del vero” <17 di cui l’ultimo capitolo – scritto dal suo legale – venne sequestrato; <18 la donna era stata designata erede universale del patrimonio del marito, ma la complessa causa di separazione che seguì la scomparsa di quest’ultimo diede tinte fosche alla faccenda.
[NOTE]
9 Alessandro Contini Bonacossi, nipote affiliato di Alessandro Bonacossi e Vittoria Galli, era legato ai due genitori acquisiti da doppio vincolo di parentela: suo padre era infatti fratello di Alessandro e sua madre era invece figlia di Vittoria, avuta dal precedente matrimonio. L’omonimia col conte Alessandro Augusto (Sandro), figlio primogenito di Alessandro e Vittoria, ha generato talvolta confusione e sovrapposizioni errate tra i due personaggi.
10 E. de’Giorgi, I Coetanei, Einaudi, Torino 1955. Questo romanzo-testimonianza, portavoce di un’epoca, narra dei fatti avvenuti nel 1940 e racconta il fermento culturale e politico antifascista; una delle prime espressioni di malessere di una generazione che aveva creduto ingenuamente che bastasse debellare il fascismo ufficiale per ricostruire una società moralmente vivibile. 11 Per capire meglio la rilevanza della figura di Elsa de’Giorgi nel suo tempo si riporta di seguito un elenco delle opere sia in qualità di scrittrice, sia quelle in cui ha contribuito come attrice. Scrisse: I coetanei, con una lettera di Gaetano Salvemini, Torino, Einaudi, 1955 (“Testimonianze”) Nuova ed. con prefazione di Giuliano Manacorda, Milano, Leonardo, 1992. L’innocenza, Venezia, Sodalizio del libro, 1960 (“La sfera”)Trad. francese: L’Innocence, roman traduit de l’italien par Marcelle Bourrette-Serre, Paris, Albin Michel (Lagny-sur-Marne, impr. Grevin et fils), 1963. La mia eternità, con una premessa di Pier Paolo Pasolini e tre disegni originali di Renato Guttuso, Caltanissetta-Roma, S. Sciascia, 1962 (“Un coup de des”). Un coraggio splendente: romanzo, Milano, Sugar, 1964. Il sole e il vampiro, Edizioni di Opera aperta (Città di Castello, Istituto poligrafico umbro), 1969 (“I testi” ). Storia di una donna bella, Roma, La nuova sinistra – Edizioni Samonà e Savelli, 1970 (“Narrativa”). Dicevo di te, Pier Paolo, con una testimonianza poetica di Rafael Alberti, introduzione di Giuliano Manacorda, Roma, Carte segrete, 1977 (“Carte segrete di poesia” 3). Poesia stuprata dalla violenza, Roma, Carte segrete, 1978 (“Carte segrete di poesia”). L’eredità Contini Bonacossi: l’ambiguo rigore del vero, Milano, Mondadori, 1988. Ho visto partire il tuo treno, Milano, Leonardo, 1992.
Una storia scabrosa, Milano, Baldini & Castoldi, 1997. Corpus mysticum: poesie, disegni di Dimitrije Popovic, a cura di Carmine Siniscalco, Roma, Segni. Per quanto riguarda la filmografia invece recitò in: Ninì Falpalà di Amleto Palermi (1933); L’impiegata di papà di Alessandro Blasetti (1933); T’amerò sempre di Mario Camerini (1933); Teresa Confalonieri di Guido Brignone (1934); La signora Paradiso di Enrico Guazzoni (1934); Porto di Amleto Palermi (1934); L’eredità dello zio buonanima di Amleto Palermi (1934); Ma non è una cosa seria di Mario Camerini (1936); La mazurka di papà di Oreste Biancoli (1938); La sposa dei Re di Duilio Coletti (1938); La voce senza volto di Gennaro Righelli (1939); La grande luce di Carlo Campogalliani (1939); Due milioni per un sorriso di Carlo Borghesio e Mario Soldati (1939); Il fornaretto di Venezia di John Bard (1939); Capitan Fracassa di Duilio Coletti (1940); La maschera di Cesare Borgia di Duilio Coletti (1941); Tentazione di Hans Hinrich e Aldo Frosi (1942); Fra Diavolo di Luigi Zampa (1942); Sant’Elena, piccola isola di Renato Simoni (1943); La locandiera di Luigi Chiarini (1944); Il tiranno di Padova di Max Neufeld (Massimiliano) (1946); Manù il contrabbandiere di Lucio De Caro (1947); Ro.Go.Pa.G., episodio La ricotta di Pier Paolo Pasolini (1963); Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini (1975); Poussière de diamant di Fahdel Jaibi e Mahmoud Ben Mahmoud (1992); Assolto per aver commesso il fatto di Alberto Sordi (1992).
12 Elsa de’ Giorgi: La diva che sapeva raccontare di Kezich Tullio in Corriere della Sera del 13 settembre 1997
13 Si riporta in forma più estesa il brano tratto da Ho visto partire il tuo treno in cui Elsa de’ Giorgi racconta (pag.55): “Morto mio padre, spenzolata sulla vertigine di una temibile quanto rozza libertà che la sorte di neodiva poco più che adolescente prospettava, scelsi senza esitazione l’amicizia offertami da gente come Trilussa, Savinio, Cecchi, Palazzeschi, Sibilla Aleramo, Lina Pietravalle, la Magnani allora ancora non rivelata. (…) l’attrazione verso gli spiriti geniali era istintiva. Il primo lusso cui mi abbandonai, indipendente e padrona di casa, fu l’ospitalità, il piacere di accoglierli, accostarli tra loro. Già allora avevo il gusto di riunire la gente nel più assoluto disinteresse, facoltà questa che avrebbe acquistato significato durante l’occupazione tedesca, quando la mia casa divenne meta naturale e rifugio di illustri e meno illustri ricercati.”.
14 Da Elsa de Giorgi, Volevo conquistare una mente ho scelto Italo Calvino in La Stampa del 11/11/1992 n. 309 p.17: «Quello con Italo Calvino è stato l’unico incontro amoroso vero e forte che ho avuto fra i letterati» ricorda Elsa de Giorgi, attrice, poetessa, scrittrice, frequentatrice del gran mondo. «Per tutta la mia vita l’ambizione massima è stata quella di conquistare l’intelligenza, la mente del maestro. Tutta la mia seduzione l’ho esercitata per essere riconosciuta come persona pensante. La bellezza, in questo senso, mi è stata di ostacolo. Per gli uomini la donna bella è oca e deve essere portata a letto. Sedurla significa avere influenza su di lei. E io ero poco adatta a questo gioco. Sono stata una donna un po’ eccezionale: per la mia bellezza, perché ero una diva molto conosciuta, perché ai miei tempi la diva era carica di mistero, non come ora che la televisione porta tutti nelle case di tutti e non c’è più nessun alone intorno a un’attrice. Gli uomini allora erano molto generosi. Una diva scatenava amori e ricatti terribili. Una volta uno mi mandò in dono un’auto sportiva scoperta (che io mandai indietro). Un altro minacciava di rapirmi con la Balilla di famiglia. Tanti minacciavano il suicidio, uomini con cui avevo avuto un flirt o con cui avevo soltanto civettato. Mio marito, che era un uomo spiritosissimo, Sandrino Contini Bonacossi ogni tanto mi ricordava quelli con cui avevo civettato distrattamente. Civettare mi piaceva, e mi piace ancora, moltissimo. Il gioco della seduzione che sapevo condurre era quello della conversazione, dell’allusione, un po’ alla maniera delle dame del Settecento. Con quell’aria dolce e un po’ scema cui il cinema mi aveva condannato, io sono stata la fidanzatina d’Italia. I ragazzi che andavano al fronte avevano la mia foto nello zaino. E mi scrivevano quintali di lettere. Questi riconoscimenti ripagavano, eccome. Ma, come seduttrice, ho avuto anche i miei insuccessi. Fra i più brucianti: il non essere riuscita a rendere eterno un amore».
15 Da Chi è il Conte Bonacossi. Il Conte Bonacossi ha regalato un sacco di miliardi in La Stampa dell’8/02/’74, n.33 pag.2: “Esposti da domani i capolavori d’arte donati a Palazzo Pitti dalla famiglia fiorentina : Seguiamo un po’ la storia di questa donazione. Intanto, la famiglia, originaria di Mantova. Il conte Alessandro, amante dell’arte della quale era finissimo intenditore, sposata la bellissima lombarda Vittoria Galli lasciava l’Italia e si stabiliva in Spagna dove rimaneva dieci anni. E’ in quel Paese che sono nati Alessandro Augusto e Elena Vittoria e che il conte Alessandro riusciva a formare una delle maggiori raccolte filateliche del mondo. In questa raccolta grande importanza hanno i francobolli della Spagna e delle sue colonie. Una raccolta di valore inestimabile. Si pensi che quando nel 1911 il conte tornò in Italia, a Roma, dove si stabiliva, e la vendeva, ricavava una somma tale da poter acquistare quadri di artisti spagnoli (fino al Goya) e italiani (da Cimabue al Tiepolo). Nel ’32 la la famiglia si spostò a Firenze nella villa Strozzi il cui nome venne cambiato in « Villa Vittoria », dove ha sede l’attuale grandioso Palazzo dei Congressi, in Pratello Orsini. Gli studiosi di tutto il mondo sapevano della bellissima raccolta di quadri e sculture e, senza trovare resistenze, si recavano a visitarla accompagnati in questo straordinario « museo di famiglia» da uno dei conti Contini Bonacossi. Firenze, 8 febbraio. Non è esagerato parlare di momento « storico » per il collezionismo d’arte. Domani infatti a Firenze le sale della Palazzina della Meridiana, sul retro di Palazzo Pitti, si apriranno prima alle autorità, poi al pubblico per presentare i capolavori donati allo Stato italiano dagli eredi dei conti Alessandro e Vittoria Contini Bonacossi. La donazione è al primo posto, per importanza, nella classifica di quelle ricevute dallo Stato: le è pari soltanto quella palatina. Fanno parte di questa collezione opere di Cimabue, Sassetta, Andrea del Castagno, Duccio da Boninsegna, Paolo Veronese, del Gianbellino, del Tintoretto, di Giovanni Bellini, per parlare di alcuni dei grandi artisti italiani; di Goya, del Velasquez, di Zurbaran, del Greco, per quanto riguarda gli stranieri. Poi ci sono cassoni intagliati del Rinascimento, marmi del Bernini, tondi robbiani, maioliche del Quattrocento che Bernard Berenson, amico – di famiglia dei Contini Bonacossa definiva « non certo inferiori né per valore né per importanza alla pinacoteca ». Perché questa donazione? Perché « diventi di pubblico godimento » come precisò nel suo testamento il conte Alessandro Contini Bonacossi. Ma non è stato facile per i figli. Alessandro Augusto ed Elena Vittoria, sposata con lo scrittore Roberto Papi, scomparsa qualche anno fa, far rispettare le ultime volontà del padre, morto nel 1955. Sono occorsi ben quindici anni, fra intralci burocratici, ostacoli vari e discussioni circa la natura giuridica della raccolta (con ricorsi anche al Consiglio di Stato). A tutto questo si aggiunsero poi altre complicazioni, e ulteriori ritardi, quando morì uno. degli eredi diretti, cioè la signora Elena Vittoria. Fortunatamente ci fu Augusto Bonacossi chi si adoperò al massimo delle proprie capacità perché tutti i problemi fossero risolti. “
16 Sandro Bertucelli, I Contini Bonacossi di nuovo sott’accusa, in La Repubblica del 16/10/88
17 E. De Giorgi, L’eredità Contini Bonacossi: l’ambiguo rigore del vero, Milano, Mondadori, 1988
18 ‘Congelata’ la collezione Contini di Cinzia Sasso in La Repubblica del 14/06/1989: “Gli altri fratelli si spartiscono intanto tutto quello che possono e con lo Stato raggiungono una sorta di accordo: in cambio della deroga a rispettare la legge che vieta l’ esportazione dal territorio nazionale di opere d’arte, cedono 65 quadri da scegliere tra i 200 che presentano come collezione completa. Successivamente, indagini dei carabinieri del nucleo di protezione del patrimonio artistico, hanno trovato per i quadri mancanti deboli tracce: una Sacra famiglia del Correggio si perde tra Amsterdam e Zurigo; il Cardinal don Luis di Goya è stato venduto dieci anni fa per 8 milioni; un’ annunciazione di El Greco è stato esportato con indicazione di valore di 9 milioni. La saga della famiglia Contini è raccontata anche in un libro, L’eredità Contini Bonacossi scritto proprio da Elsa dé Giorgi. L’ultimo capitolo, scritto da Francesco Cecchi, legale di Elsa e dal presidente del Tribunale Clemente Papi, è il sequestro di ieri”.
Eugenia Petrillo, Italo Calvino ed Elsa De Giorgi: l’itinerario di un carteggio, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2014-2015

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