Negli ultimi mesi del 1943 al vertice della Questura di Verona si avvicendano ben quattro dirigenti

La breve parentesi che va dal crollo del regime, il 25 luglio del 1943, all’armistizio dell’8 settembre con l’occupazione tedesca e la nascita della RSI, «viene accolta a Verona nel segno di una sostanziale continuità di atteggiamenti e comportamenti prudenzialmente neutrali» <292 ma permette al contempo ad alcuni dei “vecchi” schedati di ritornare in città dai luoghi di confino, a volte in condizione di semiclandestinità <293. Anche il cuore del sistema di polizia del regime, compresa la rete dei fiduciari OVRA, rimane sostanzialmente al suo posto, fatte salve le nuove “direttive” che è tenuto a seguire <294. Poi, il rapido sviluppo della guerra civile cambia completamente il quadro. Tutte le tendenze che emergono nei primi anni di guerra trovano non solo conferma, ma una radicale accelerazione nei due anni della Repubblica sociale italiana. Come interpretare, quindi, il fatto che nel 1944, nel pieno della guerra civile, siano stati aperti solo nove nuovi fascicoli personali a fronte, ad esempio, dei novanta aperti nel 1937, o dei 47 del 1941, e che contestualmente ci si trovi di fronte a sei condannati dal Tribunale speciale (in questo caso la sua nuova versione provinciale), cioè la cifra più alta dopo le punte del 1939 e del 1928?
Evidentemente la guerra e, più ancora, la guerra civile hanno prodotto una sostanziale trasformazione non solo delle esigenze nella gestione dell’ordine pubblico, ormai minacciato dalle azioni armate delle forze partigiane, ma della stessa sorveglianza e degli organi cui sono affidate funzioni di polizia. Nuovi corpi e nuove pratiche, che spesso appaiono ai vecchi fascisti come il rinverdirsi dello squadrismo della prima ora, si fanno strada prepotentemente aumentando la discrezionalità e la violenza delle autorità preposte alla pubblica sicurezza. Le attività di polizia in funzione antipartigiana vengono infatti condotte principalmente da forze estranee alla catena di comando della pubblica sicurezza: al conflitto interno agli stessi apparati di polizia fra adesione al “nuovo ordine” e fedeltà ai compiti e alla prassi “tradizionali” <295, si somma il conflitto tra i differenti corpi, più o meno fascistizzati e spesso capeggiati da personalità carismatiche con una particolare propensione all’esercizio della violenza <296.
In tale contesto, il consueto dispositivo di sorveglianza condensato nei fascicoli personali si dimostra non più funzionale, tanto da venire sostanzialmente abbandonato: «L’imperativo categorico del momento è quello di volgere tutti noi stessi al combattimento. Il tempo delle scartoffie verrà a guerra vinta», scrive il colonnello Galliano Bruschelli, comandante provinciale della GNR, il 28 settembre 1944 <297. Un giudizio che è rivelatore di un intero atteggiamento mentale e che, anche se nell’occasione si riferisce ad un conflitto di competenze sorto fra diversi corpi repressivi, può essere esteso a tutto il tradizionale dispositivo di polizia del Ventennio. Non è un caso che anche l’attività del Ministero dell’Interno (trasferito al Nord nel gennaio 1944 <298) in questo periodo risulti «piuttosto scarsa», nel quadro di una situazione «assolutamente ingovernabile» <299. Nuovo ministro dell’Interno è Guido Buffarini Guidi, già sottosegretario di Stato del regime dal 1933, ma fin dall’inizio il suo ruolo viene costantemente minacciato dagli organi del Partito, dalla tendenza all’autonomia della Guardia nazionale repubblicana, dalle direttive di Mussolini stesso ai capi delle province (nuova denominazione dei prefetti, che dovevano ora riunire in sé la rappresentanza dello Stato e quella del partito) e soprattutto dal “sistema tedesco” <300.
La polizia in generale e la Questura in particolare perdono la centralità che avevano avuto nell’intero corso del regime: Mussolini provvede alla completa rimozione di prefetti e questori, sostituendoli con funzionari “politici”, incarichi in cui per tutto il periodo della RSI si verificano frequenti avvicendamenti, rischiando di svuotarli quasi del tutto di significato <301. Accanto alla GNR, che riunisce ciò che resta dell’Arma dei carabinieri e la ex Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, tra i nuovi corpi che agiscono con sempre maggiore autonomia vi è la Polizia ausiliaria che, «istituita con l’intenzione in origine di porla sotto il controllo della Ps, in realtà andò sempre più liberandosi da tale tutela per rispondere ai propri capi, i cosiddetti “questori ausiliari”. […] Ex squadristi, fanatici fascisti della “prima ora”, che avevano intuito […] come gli sviluppi della situazione politico-militare concedessero loro insperati spazi di manovra» <302.
Successivamente, dal luglio del 1944 alla Liberazione, prendono forma dai quadri del PFR le Brigate nere, la cui costituzione sanciva il fatto che «anziché procedere verso l’unificazione dei compiti di polizia, […] si era dato vita a un nuovo corpo di polizia»: le Brigate nere assumono dunque le caratteristiche di un corpo di polizia per il controllo del territorio, la sorveglianza dell’opinione pubblica, dell’attività sovversiva e partigiana, degli altri gruppi armati della RSI e di qualunque inadempienza alle norme belliche, agendo in completa autonomia e andando «a sovrapporsi alla GNR e ai suoi UPI, alla Polizia repubblicana e alla sua Polizia politica, nonché ai vari reparti più o meno speciali che agivano con il medesimo fine» <303.
A Verona dopo l’8 settembre Piero Cosmin, a detta dello stesso Pisanò uno degli esponenti più estremisti del fascismo repubblicano <304, si “autoinveste” della carica di prefetto estromettendo Canovai <305, mentre a reggere temporaneamente la Questura al posto di Guarducci lo stesso Cosmin incarica Giovanni Bocchio, console della Milizia. Lo squadrista Bruno Furlotti va invece a dirigere la Polizia federale <306. Per quanto concerne la Guardia nazionale repubblicana, a comandare il 618° Comando provinciale (da cui dipende l’omonima Compagnia O.P.) è, dall’ottobre del 1944, il colonnello Galliano Bruschelli; il 40° Battaglione mobile comandato dal maggiore Ciro Di Carlo, alle dipendenze del Comando delle SS, si distingue come «uno dei reparti più attivi e impegnati nell’opera di repressione delle formazioni partigiane» <307. L’UPI provinciale della GNR è diretto dal capitano Ugo Martinelli e a Verona ha una sede, in via Leoncino 13, anche l’Ispettorato regionale veneto dell’UPI-GNR <308. In città, i reparti della GNR sono dislocati presso l’ex gruppo rionale “F. Corridoni” del PNF, fuori porta Vescovo, l’ex caserma dei carabinieri sita nella piccola piazza a fianco del Teatro Romano, l’ex caserma della Milizia in via San Vitale, l’ex caserma dei carabinieri di Borgo Trento e le cosiddette “casermette” di Montorio, che furono tutti (assieme ad altri ancora) luoghi di detenzione e tortura di antifascisti e partigiani. Infine, a Verona opera anche la 21a Brigata nera provinciale Stefano Rizzardi, forte di 315 uomini e comandata, dal febbraio 1945, dal legnaghese Valerio Valery <309.
Negli ultimi mesi del 1943 al vertice della Questura si avvicendano ben quattro dirigenti, «primo segnale di una ricerca mai soddisfatta di correttezza ed equilibrio nelle relazioni fra la Questura e gli organi del fascismo repubblicano ideologicamente più connotati, i quali nutrono forti sospetti circa l’affidabilità dei questori nella gestione dei reati di natura politica» <310. Sui conflitti che si verificano con frequenza tra Questura, GNR e Brigate nere sono illuminanti le osservazioni e i documenti riportati da Domenichini nel suo saggio già più volte citato, al quale si rimanda.
Resta qui da sottolineare come i sospetti da parte dei fascisti sull’affidabilità del personale della Questura di Verona, certamente infondati nel caso del Vinicio Fachini, questore dall’agosto 1944 alla Liberazione <311, lo erano invece per altri funzionari, entrati in relazione con elementi del CLN, che fornirono un supporto all’attività partigiana <312. Non è un caso che tali funzionari, come il commissario capo Guido Masiero (poi questore di Verona nel dopoguerra) e il vice commissario Guido Costantino, fossero al centro dei contrasti che si verificavano, nella stessa Questura, con il gruppo della Polizia ausiliaria, contrasti dei quali si trova traccia nelle denunce presentate da parte di ex funzionari e agenti nel dopoguerra contro Fosco Tulliani, comandante del Reparto Arditi della Polizia ausiliaria di Verona, accusato (ma non è ovviamente l’unico) di furti, razzie, sequestro di persona e violenze in occasione di rastrellamenti e perquisizioni <313.
[NOTE]
292 O. Domenichini, Verona 1943-1945: guerra civile, delazioni e torture fra cronaca e storia, in Dal fascio alla fiamma, cit., p. 83. Nei quarantacinque giorni restano al loro posto sia il prefetto Tito Cesare Canovai che il questore Giovanni Guarducci, quest’ultimo in carica dal gennaio 1941.
293 Cfr. Domaschi, Le mie prigioni e le mie evasioni, cit., p. 107.
294 Cfr. Canali, Le spie del regime, cit., pp. 479-480.
295 Cfr. Tosatti, Storia del Ministero dell’Interno, cit., p. 219.
296 Sulla storia della RSI si vedano il classico F.W. Deakin, Storia della Repubblica di Salò, Torino, Einaudi, 1963, ma soprattutto L. Ganapini, La repubblica delle camicie nere, Milano, Garzanti, 1999. Per il tema della violenza e la categoria di guerra civile il riferimento obbligato è C. Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, Torino, Bollati Boringhieri, 1991. Sulla RSI a Verona cfr. il già citato saggio di Domenichini, Verona 1943-1945: guerra civile, delazioni e torture fra cronaca e storia, e poi L. Rocca, Verona repubblichina. Politica e vita quotidiana negli anni della Repubblica di Salò attraverso i notiziari della Guardia nazionale repubblicana, Verona, Cierre-IVRR, 1996.
297 ASVr, Questura, A8 Radiati, b. Mat-Meq, fasc. “Melca Pietro”.
298 La Direzione generale di polizia disloca i suoi uffici a Maderno, sul Lago di Garda, e a Valdagno, in provincia di Vicenza (cfr. Tosatti, Storia del Ministero dell’Interno, cit., p. 219). L’ex questore di Verona Travaglio, promosso prefetto e facente funzioni di vice capo della polizia, viene incaricato del trasferimento al Nord degli archivi. Cfr. ibid. e Canali, Le spie del regime, cit., p. 491.
299 Tosatti, Storia del Ministero dell’Interno, cit., p. 213, 217.
300 Cfr. ivi, pp. 217-218. Sul ruolo svolto dalla Germania nazista nell’Italia repubblichina cfr. L. Klinkhammer, L’occupazione tedesca in Italia. 1943-1945, Torino, Bollati Boringhieri, 1993.
301 Cfr. Tosatti, Storia del Ministero dell’Interno, cit., pp. 221-222.
302 Canali, Le spie del regime, cit., p. 481. Per le vicende della polizia in questo periodo si veda ivi, pp. 480-494, nonché Carucci, Confino, soggiorno obbligato, internamento…, cit., pp. 25 e segg.
303 D. Gagliani, Brigate nere. Mussolini e la militarizzazione del Partito fascista repubblicano, Torino, Bollati Boringhieri, 1999, p. 197.
304 Cfr. Domenichini, Verona 1943-1945: guerra civile, delazioni e torture fra cronaca e storia, cit., p. 91.
305 Sarà sostituito nel maggio 1944 da Franco Bogazzi sul quale cfr. ivi, p. 108.
306 Cfr. ivi, pp. 92-93.
307 Rocca, Verona repubblichina, cit., pp. 70-71.
308 Sugli UPI della GNR cfr. A. Osti Guerrazzi, Un organo della repressione durante la Repubblica sociale italiana. Gli Uffici politici investigativi della Guardia nazionale repubblicana, in «Quellen und Forschungen aus italiensischen Bibliotheken und Archiven», n. 86, 2006, pp. 465-490.
309 Cfr. Gagliani, Brigate nere, cit., p. 165 e Melotto, Una convivenza difficile, cit., p. 80. Per Bruschelli e Di Carlo cfr. anche i rispettivi fascicoli in ASVr, Questura, A8 Radiati, ad nomina.
310 Domenichini, Verona 1943-1945: guerra civile, delazioni e torture fra cronaca e storia, cit., pp. 103-104.
311 Anche per Fachini si veda il fascicolo personale in ASVr, Questura, A8 Radiati, ad nomen.
312 Cfr. Domenichini, Verona 1943-1945: guerra civile, delazioni e torture fra cronaca e storia, cit., p. 106.
313 Cfr. ASVr, Questura, A8 Radiati, ad nomen. Accuse di collaborazionismo con i partigiani a carico di alcuni agenti di P.S. erano state avanzate dallo stesso questore Fachini dopo la fuga del giovane partigiano Luciano Dal Cero nell’agosto del 1944 (cfr. ivi, ad nomen). Nel fascicolo dell’ex direttore del carcere degli Scalzi, Sergio Olas, sono inoltre conservate testimonianze dei funzionari di P.S. del Commissariato di Piazza dei Signori sui loro contatti con il CLN tramite Vittore Bocchetta. Lo stesso direttore del carcere sostenne, a sua discolpa, di aver avuto contatti con il CLNAI di Milano prima della liberazione di Giovanni Roveda da parte dei GAP.
Andrea Dilemmi, «Si inscriva, assicurando». Polizia e sorveglianza del dissenso politico (Verona, 1894-1963), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Verona, 2010

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