Il film del 1997 sulla tragedia di Porzûs

Nel periodo preso in esame vengono prodotte varie opere filmiche sulla Resistenza. Tutte si riferiscono ad episodi specifici o a precedenti opere letterarie di carattere autobiografico, sono lavori di registi che hanno già lavorato su tematiche storiche e sulla Resistenza. A parte Porzûs, gli altri tre film presi in considerazione sono di taglio fortemente introspettivo ed esistenzialista. Il film che più ha suscitato polemiche è stato proprio Porzûs del regista Renzo Martinelli <964 del 1997. <965 Il film è liberamente ispirato ai tragici eventi avvenuti tra il 7 e il 18 febbraio 1945 presso le malghe di Porzus nelle Prealpi Giulie, dove ventuno partigiani della I Brigata Osoppo furono uccisi da un gruppo di partigiani comunisti del Gap di Udine. Le ricostruzioni storiografiche sono disparate, tra chi sostiene che si trattò di una reazione (spropositata ed esagerata) al forte anticomunismo degli osovani e ai loro contatti con i repubblichini e i tedeschi in funzione anticomunista e antislava; <966 chi parla di un colpo di testa del comandante del Gap locale Mario Toffanin <967 «Giacca»; <968 chi propende verso un complesso meccanismo manipolatorio e complottista contro i comunisti messo in atto dagli osovani insieme a repubblichini, nazisti e servizi segreti anglomericani; <969 chi invece evidenzia le responsabilità del Pci di Udine e il ruolo svolto dal Pc sloveno, all’interno di una più ampia politica internazionale comunista; <970 chi infine non si esprime specificamente sulla questione. <971
Il film segue la tesi interpretativa della responsabilità dei comunisti italiani e di quelli sloveni, tesi che in quei giorni e proprio in riferimento al film viene sostenuta con forte vigore dal «Corriere della Sera», con continue affermazioni di censura, reticenze, misteri, tabù e negazioni che la storiografia «di sinistra» avrebbe avallato e sostenuto insieme al Pci. <972 A sostegno di tutto ciò si riportavano le importanti «rivelazioni» contenute nel libro della storica Elena Aga Rossi sui rapporti tra Togliatti e Stalin in corso di pubblicazione. La tesi era quella di una strategia di «eliminazione degli avversari politici che nel Friuli si opponevano all’occupazione jugoslava» e di «pulizia etnica che sarebbe continuata dopo la liberazione nei territori occupati dagli jugoslavi», perciò Togliatti non poteva non sapere cosa stesse accadendo. <973 La vicenda di Porzus veniva così collegata alla vicenda delle
«foibe», cosa che era già stata fatta dalla destra giornalistica e politica, come abbiamo visto in riferimento al «caso» Spadaro nel 1996.
La storiografia «ufficiale» e di «sinistra» aveva volontariamente evitato di trattare l’argomento, o lo aveva fatto in maniera molto marginale. Si tratta di una tesi discutibile che soprattutto non mette al centro la questione delle responsabilità italiane e fasciste nella snazionalizzazione e nell’italianizzazione forzata ai danni delle popolazioni slovene e croate nelle zone di confine. <974 Per quanto riguarda la posizione di Togliatti sulla vicenda egli ebbe un atteggiamento complesso e contraddittorio, che rientrava nel tentativo di coniugare da una parte il mantenimento dell’unità antifascista e la legittimazione del Pci come partito nazionale (che prevedeva il rinvio alla fine della guerra delle questioni territoriali), dall’altra lo sviluppo di una politica di graduale egemonia comunista (che avrebbe portato ad una forte subordinazione del Pci nei confronti del Pc sloveno nelle zone di confine). <975 La vicenda di Porzus, infine, era già stata trattata da Marco Cesselli <976 nel 1975, che proveniva da un ambiente politico-culturale di sinistra e che aveva messo in luce le lacerazioni e le divisioni all’interno dello schieramento resistenziale e le importanti responsabilità del Pci nella gestione della vicenda. <977
Dalle pagine del «Corriere» sembra emergere una morbosa ossessione verso il sensazionalismo, verso la ricerca dello «scoop», della rivelazione e del presunto «nuovo» (quando spesso si tratta di notizie già note), che in quegli anni non nasconde una campagna insistente dove i principali imputati sono Togliatti, il Pci e più in generale le ideologie politiche di sinistra. <978 Diceva infatti Galli Della Loggia: «Non sarebbe ora che tutti i figli dell’Illuminismo, marxisti o riformisti o kantiani, riconoscessero che anche il sonno della ragione ha prodotto dei mostri?». <979 Il film sembra aderire a questa visione, ma in maniera leggermente diversa. Quello che si può notare in linea generale è una consonanza tra le tesi giornalistiche e quelle filmiche, una certa idealità di percorso e di intenti, nella spettacolarizzazione dell’evento e della storia. Il rapporto di forza tra i due «campi», per utilizzare l’approccio di Bourdieu, risulta a favore di quello giornalistico: la maggior o la minor enfasi che i quotidiani pongono sul film, riesce a determinare in questo caso anche l’interesse e l’attenzione pubblica nei suoi confronti. <980
Nel film si sostiene che l’eccidio sia stato compiuto dai comunisti sloveni e da quelli italiani. Si mostra l’anziano partigiano della Osoppo Umberto Pautassi «Storno» (che nella realtà sarebbe Aldo Bricco <981 «Centina») che va a trovare l’anziano partigiano comunista Carlo Tofani «Geko» (Toffanin). Egli accusa i comunisti di aver provocato le rappresaglie dei tedeschi e gli dice che loro sapevano fare solo giustizie sommarie. A prescindere da quale sia stata la realtà dei fatti (se gli osovani avessero o meno fatto degli accordi con i nazifascisti in funzione anticomunista, cosa che divide ancora oggi gli storici), la vicenda è sicuramente una delle più drammatiche e laceranti della Resistenza; essa però deve essere ricondotta in parte al quadro fortemente conflittuale della lotta di liberazione in Friuli (dove la conflittualità non era solo tra nazifascismo e antifascismo, ma anche tra anticomunismo e comunismo) e in parte alla presenza di elementi fortemente «esagitati» e fanatici come Toffanin che probabilmente ed effettivamente, come viene detto nel film, pensavano che o si era con i comunisti o si era con i fascisti.
Il film dunque rappresenta degli aspetti veritieri della vicenda, ma dall’altro esagera e generalizza il cinismo e il fanatismo ideologico di alcuni: se si prende per buona la tesi che i comunisti provocarono solamente rappresaglie o giustizie sommarie, emerge una visione discutibile, dove il ruolo stesso della lotta di liberazione viene annullato. Il film dunque non aggiunge nulla di nuovo a quanto si sapeva, integra diciamo così, o per meglio dire conferma la tesi delle responsabilità comuniste. Ed è proprio il comunismo che sembra essere il principale accusato del film, nella figura di Toffanin, vecchio, malato e in preda a continue emorragie, che viene probabilmente ucciso da «Storno» per
l’eccidio, con il sangue versato che «riemerge oggi per punirlo». <982 Il colore rosso infatti è fortemente presente nel film: la bandiera rossa, i fazzoletti rossi dei partigiani, il sangue di Toffanin ucciso da «Storno» che schizza ovunque e finisce addosso al quadro di Stalin.
Bisogna ricordare però le difficoltà che il film ha dovuto superare nella fase di gestazione (molti sindaci si rifiutarono di concedere i propri territori per girare le riprese) e in quella di distribuzione (Walter Veltroni, Ministro dei beni culturali, dichiarò che ricevette numerose pressioni per bloccarne l’uscita, inoltre i diritti dell’opera furono acquistati dalla Rai, che lo trasmetterà solo nel 2012). <983
[NOTE]
964 Regista di film di carattere storico.
965 R. Martinelli, Porzus, 1997, supporto VHS.
966 R. Battaglia, Storia della Resistenza italiana. 8 settembre 1943 – 25 aprile 1945, Einaudi, Torino, 1964 (2° ed.); J. Pirjevec, Foibe: quali verità?, in Id. (a cura di), Foibe, cit., pp. 80-81; A. Buvoli, Le formazioni Osoppo Friuli. Documenti 1944-45, Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione, Udine, 2003, p. 26.
967 Partigiano e comandate dei Gap di Udine, responsabile dell’eccidio di Porzus.
968 P. Pallante, Il PCI e la questione nazionale. Friuli-Venezia Giulia 1941-1945, Del Bianco, Udine, 1980, pp. 236 e ss.
969 A. Kersevan, Porzûs. Dialoghi sopra un processo da rifare, Kappa Vu, Udine, 1995; G. Bajc, Operacija Julijska Krajina. Severovzhodna meja Italije in zavezniške obveščevalne službe, 1943-1945, Univerza na Primorskem- Znanst-
veno-raziskovalno središče, Zal. Annales, Capodistria, 2006.
970 G. Bocca, Storia dell’Italia partigiana, Laterza, Bari, 1966, p. 441; T. Piffer, Strategie e politiche delle formazioni partigiane comuniste italiane, in Id. (a cura di), Porzûs. Violenza e Resistenza sul confine orientale, il Mulino, Bologna, 2012, pp. 28-34; E. Aga Rossi, L’eccidio di Porzûs e la sua memoria, in ivi, pp. 87-111; Id., V. Zaslavsky, Togliatti e Stalin, cit., pp. 131-155.
971 D. Franceschini, Porzûs. La Resistenza lacerata, Irsml FVG, Trieste, 1996 (1998?); G. Fogar, Porzûs, in E. Collotti, R. Sandri, F. Sessi (a cura di), Dizionario della Resistenza, vol. II, cit., pp. 122-123.
972 D. Fertilio, Ciak sulla Resistenza. Da sinistra, «Corriere della Sera», 3 luglio 1997; G. Manin, Strage di partigiani, arriva il film tabù, ivi, 30 luglio 1997; D. Fertilio, Malga Porzus, il risveglio della sinistra, ivi, 13 agosto 1997; Id., L’ombra di Togliatti su Porzûs, ivi, 23 agosto 1997.
973 D. Fertilio, L’ombra di Togliatti su Porzûs, cit; E. Aga Rossi, V. Zaslavsky, Togliatti e Stalin, cit., p. 152, nota 28.
974 J. Pirjevec (a cura di), Foibe. Una storia d’Italia, cit.; G. Fogar, Foibe e deportazioni nella Venezia Giulia: a proposito di un servizio di Storia illustrata, «Bollettino dell’Istituto regionale per la storia del Movimento di liberazione nel Friuli-Venezia Giulia», a. XI, n. 3, 1983, pp. 67-85; G. Miccoli, Risiera e foibe: un accostamento aberrante, cit., pp. 3-4; Intervista di F. Mosca a G. Fogar, presso l’Istituto regionale per la storia del Movimento di liberazione nel Friuli-Venezia Giulia, Trieste, 1987 (consultabile in: https://www.youtube.com/watch?v=2uvLzuA_E0o,https://www.youtube.com/watch?v=xLLrIk1NMpg).
975 R. Gualtieri, Togliatti e la politica estera italiana. Dalla Resistenza al trattato di pace 1943-1947, Editori Riuniti, Roma, 1995, p. 83; D. Franceschini, Porzûs. La Resistenza lacerata, cit., pp. 25-34.
976 Partigiano del Pda della Brigata Osoppo dalla quale uscì nell’agosto 1944 per dissensi con il gruppo dirigente democristiano, si è poi occupato di storia della Resistenza e dell’antifascismo friulano.
977 M. Cesselli, Porzûs due volti della Resistenza, cit.
978 In generale su questi aspetti vedi: Id., La nemesi del patto costituente, in A. Del Boca (a cura di), La storia negata, cit., pp. 263-287; G. De Luna, La storia sempre «nuova» dei quotidiani, in E. Collotti (a cura di), Fascismo e antifascismo, cit., pp. 447-461.
979 E. Galli Della Loggia, in D. Fertilio, Laici la colpa di non chiedere scusa, «Corriere della Sera», 28 ottobre 1997.
980 P. Bourdieu, Sul concetto di campo in sociologia, cit.
981 Ufficiale alpino, partigiano della Brigata Osoppo. Scampò all’eccidio di Porzûs e fu successivamente curato in un ospedale sloveno.
982 P. Cooke, L’eredità della Resistenza, cit., p. 329.
983 A. Crespi, «Pressioni per bloccare Porzûs», «l’Unità», 5 settembre 1997.
Ahmed Daoud, «A conquistare la rossa primavera»? Resistenza e antifascismo durante la «Seconda Repubblica» (1993-2009): celebrazioni, ideologia, pratica politica, quotidiani, programmi televisivi, documentari, film e canzoni, Tesi di perfezionamento, Scuola Normale Superiore di Pisa, Anno Accademico 2017-2018

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