Come sottolinea Giovanni Moro, per quel che riguarda la storia degli anni Settanta sembra che non esistano vincitori, ma solo sconfitti

A differenza di quanto avviene in Spagna, in Italia non esiste una lettura condivisa riguardo a vincitori e sconfitti della stagione politica che si chiude con la fine degli Settanta. In questo senso un dibattito simile si registra a proposito della Resistenza ed è attraversato da numerose polemiche <382. Non a caso, rispetto a queste tematiche, Giovanni Contini parla di una «memoria divisa» <383, utilizzando una formula che, secondo John Foot, è applicabile all’intera storia d’Italia <384. Andrea Hajek utilizza l’analisi di John Foot nella sua ricerca condotta a proposito della memoria della morte di Francesco Lorusso, ucciso a Bologna nel 1977 durante una manifestazione, rilevando come in questo caso «ciascuna comunità [rimanga] intrappolata nel suo privato “spazio di memoria”» <385.
Questa mancanza di una riflessione collettiva sul tema della memoria è in realtà legata a processi storici: a differenza di quanto avviene in Spagna e Portogallo, alla fine degli anni Settanta non si verifica quella rottura netta delle forme istituzionali che implica necessariamente la “produzione” di un discorso capace di marcare una differenza effettiva tra un prima e un dopo. Il problema rimane comunque, dal momento che nel corso degli anni si impone un discorso che schiaccia la memoria di un’intera stagione politica sui temi del terrorismo o della violenza di piazza <386. Posto sul piatto della bilancia il “carnevale di Bologna” a cui si riferisce Marco Belpoliti <387 sembra avere un peso irrisorio rispetto dalla tragicità degli altri eventi. Il ricordo di quella “orda d’oro” <388 che ha caratterizzato gli anni dal ’69 al ’78 viene così sommerso dal ricordo della violenza. Rievocato trent’anni dopo sulla “Repubblica”, il 1977 rappresenta il momento in cui “nei cortei spuntò la p38” <389, preludio al 1978, la cui memoria si lega all’omicidio Moro: a livello simbolico il ricordo della morte del segretario della Democrazia Cristiana diventa così talmente forte che «domina su tutto il resto» <390. La stessa data del giorno della memoria per le vittime del terrorismo è fissata per il 9 maggio e non (questa era l’altra opzione in campo <391) il 12 dicembre, giorno della strage di Piazza Fontana.
L’impressione è che comunque, come sottolinea Giovanni Moro, per quel che riguarda la storia degli anni Settanta sembra che non esistano vincitori, ma solo sconfitti <392. Ciò rende la stagione degli anni Settanta un ricordo difficile da interpretare e forse ha ragione Giovanni Moro quando afferma che si tratta di un momento storico che, non essendo stato debitamente affrontato, continua a ritornare come una presenza fantasmatica, che in realtà è assolutamente presente nei commenti della politica istituzionale così come nella letteratura, articolandosi attraverso un meccanismo che è simile a quello individuato da José Colmeiro nel contesto spagnolo: un “eccesso” di memoria che in realtà corrisponde ad una “mancanza” <393.
Con questa premessa è difficile ricostruire una narrativa lineare, che individui una voce o una narrazione egemone da poter rovesciare o parodiare. Il tentativo può essere dunque quello di spezzare anche in questo caso una lettura storica eccessivamente fissata nel suo legame con il “piombo”, scandita con il rigore del criterio cronologico secondo cui gli “anni Settanta” arrivano ad essere una categoria di per sé perfettamente circoscrivibile e “iconizzabile”.
L’aspra stagione tenta di restituire la complessità di quest’epoca di passaggio attraverso le vicende del giornalista Carlo Rivolta, il cronista diventato famoso per i suoi articoli sul movimento del ’77 per il giornale “La Repubblica”, nato appena pochi mesi prima. È sua una delle cronache più famose sulla cacciata di Luciano Lama dall’università La Sapienza di Roma, così com’è sua la descrizione della violenta manifestazione di Roma del 12 marzo 1977, in cui viene descritto un movimento spezzato in due, da una parte i manifestanti dell’Autonomia e dall’altra «il senso di responsabilità di 50mila studenti in corteo»: due articoli che sono spesso citati se non addirittura riportati all’interno delle pagine di “La Repubblica”, nell’anniversario dei trent’anni dai fatti. Tuttavia, come dimostrano gli autori del libro, Carlo Rivolta non può essere incasellato come il “cronista del 1977”, perché le sue cronache allargano lo sguardo ai fenomeni di una società in cambiamento. Raccontare la sua vita diventa quindi l’occasione per ricostruire, con la distanza degli anni, un passaggio storico non sufficientemente analizzato.
La fase conclusiva degli anni Settanta non è più esclusivamente quella del “piombo quotidiano” (questo era inizialmente il titolo originale del libro in riferimento sia al piombo dei proiettili che a quello della scrittura tipografica dei quotidiani <394), ma un momento in cui prende avvio un effettivo cambiamento nel paese: “una fase in cui l’Italia cambia definitivamente, in cui si modificano dei rapporti di forza, si consumano delle sconfitte, cambia il modo di produrre, si costruisce una diversa centralità degli strumenti della comunicazione di massa, si definisce un’antropologia nuova”. <395
Per farlo è necessario tornare a dare profondità storica agli articoli di Carlo Rivolta, che vengono inseriti nel materiale narrativo, insieme alle interviste di colleghi, amici e parenti. Invece di condurre un’investigazione sui fatti avvenuti, gli autori ricostruiscono la storia attraverso le sue narrazioni, grazie anche all’intuizione di Concetto Vecchio, anche lui giornalista di “Repubblica”, che in “Ali di piombo” (2007) ricostruisce la storia del 1977 attraverso le cronache giornalistiche dell’epoca <396. Tommaso de Lorenzis argomenta questa scelta con la decisione di andare in controtendenza rispetto a una parte del panorama editoriale italiano, che nel corso dei cosiddetti Anni Zero, anche trainato dal modello di “Romanzo Criminale”, attinge a piene mani dalla storia degli anni Settanta per ricostruire le trame oscure di alcuni avvenimenti. “L’aspra stagione” viene pubblicato quasi in contemporanea con l’uscita nelle sale del film di Marco Tullio Giordana, “Romanzo di una strage”, che Tommaso de Lorenzis legge come il simbolo di un impoverimento del rapporto tra realtà e fiction su cui si è basata buona parte della produzione letteraria contemporanea. Il film di Giordana non è più un invito a interrogare la storia, come lo era stato “Romanzo Criminale”, ma una lettura della storia che prevede da parte dello spettatore una «posizione secca: a favore o contro»: “se così dev’essere, però, io preferisco lo stringente lavoro d’inchiesta supportato da una rigorosissima verifica sulle fonti. E l’adeguata forma espressiva da impiegare sarebbe – almeno a mio avviso – il più classico dei documentari. Altrimenti le narrazioni diventano dei subdoli mezzi con cui sequestrare le emozioni di un fruitore passivo per spingerlo da qualche parte”. <397
In quest’analisi si rivela dunque un percorso della letteratura italiana e con esso anche l’esaurimento di un modello. Tuttavia lo stile della scrittura degli autori, così vicino alle caratteristiche che Daniele Giglioli individua nei testi della “scrittura dell’estremo” <398. Invece della forma biografica, Mauro Favale e Tommaso de Laurenzis decidono di prendere altri punti di riferimento: «abbiamo provato a combinare due chiavi: da un lato i mezzi del cosiddetto racconto di vita, dall’altra parte i mezzi della narrazione letteraria e cinematografica» <399. Da questo punto di vista, contro la stessa volontà degli autori, “L’aspra stagione” si rivela comunque in continuità con una produzione narrativa che si rifà alle opere di scrittori come Wu Ming, Giancarlo de Cataldo e Roberto Saviano, rientrando in pieno nei criteri segnalati da Wu Ming nel “Memorandum” sul New Italian Epic, a proposito degli “Unidentified Narrative Object”. Una continuità che si lega anche alla divulgazione stessa del libro che viene pubblicato dalla casa editrice Einaudi nella collana Stile Libero Extra e che presenta in copertina e sul dorso uno scritto di Wu Ming 1, legando inevitabilmente “L’aspra stagione” al panorama letterario, ma soprattutto a dei lettori, già pronti a recepire un simile tipo di narrazione.
[NOTE]
382 Si fa riferimento in particolare alle polemiche scatenate dal libro di Giampaolo Pansa, Il sangue dei vinti, Sperling&Kupfer, Milano, 2003.
383 Giovanni Contini, La memoria divisa, Rizzoli, Milano 2007.
384 John Foot, Divided Country (2009), trad. it. Fratture d’Italia. Da Caporetto al G8 di Genova la memoria divisa del paese, Rizzoli, Milano, 2009, pp. 24-25.
385 Andrea Hajek, Negotiating memories of protest in Western Europe. The case of Italy, Palgrave Macmilian New York, 2013, p. 175. Hajek indaga la memoria della morte di Francesco Lorusso, senza però poter far riferimento a quanto avviene in anni più recenti, in cui la “divisione” della memoria in merito a questo evento si irrigidisce ulteriormente: in particolare da parte dei gruppi autorganizzati viene contestata la presenza delle istituzioni cittadine e universitarie prevista per volontà dei parenti di Lorusso.
386 Andrea Hajek, Negotiating memories of protests in western Europe, Warwik, Palgrave Macmillan, 2013, p. 50.
387 Marco Belpoliti, Settanta, Einaudi, Torino, 2001.
388 Nanni Balestrini, Primo Moroni, L’orda d’oro. La grande ondata rivoluzionaria e creativa, politica ed esistenziale, Milano, Feltrinelli, 1997.
389 José F. Colmeiro, Memoria histórica e identidad cultural. De la postguerra a la postmodernidad, Barcelona, Anhtopos, 2005.
390 John Foot, Divided Country (2009), trad. it. Fratture d’Italia. Da Caporetto al G8 di Genova la memoria divisa del paese, Rizzoli, Milano, 2009, p. 434.
391 Claudia Fusani, “Il 9 maggio giorno della memoria delle vittime del terrorismo”, La Repubblica, 03/04/2007.
392 Giovanni Moro, Anni Settanta, Einaudi, Torino, 2007, pp. 11-12.
393 José F. Colmeiro, Memoria histórica e identidad cultural. De la postguerra a la postmodernidad, Barcelona, Anhtopos, 2005, pp. 13-28. 394 Wu Ming, “L’Aspra stagione: Storie di Carlo Rivolta”, Giap! , 02/04/2012, http://www.wumingfoundation.com/giap.
395 Tommaso de Lorenzis, “Tommaso de Lorenzis presenta L’aspra stagione”, Faharenheit, Roma, 17/05/2012.
396 Concetto Vecchio, Ali di Piombo, Bur, Milano, 2007.
397 Tommaso de Lorenzis, nei commenti del post di Wu Ming. Wu Ming, “L’Aspra stagione: Storie di Carlo Rivolta”, Wu Ming Foundation, 02/04/2012, http://www.wumingfoundation.com/giap.
398 Il riferimento è alle analisi di Daniele Giglioli che all’interno di parte della narrativa italiana che si focalizza sulla narrazione della storia, rileva il «prevalere di un periodare breve, sincopato, a dominante paratattica, intervallato da frequenti a capo che ne isola la dizione, e in cui la giustapposizione prevale sul coordinamento dei membri», Daniele Giglioli, Senza Trauma. Scrittura dell’estremo e narrativa del nuovo millennio, p. 33.
399 Tommaso de Lorenzis e Mauro Favale, Intervista a Radio Popolare, 12/04/2012.
Paolo La Valle, Raccontare la storia al tempo delle crisi, Tesi di dottorato, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, 2015

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