Il patriota Arta è meritevole della più alta considerazione ed ammirazione per infinite benemerenze patriottiche

Abbiamo visto, dalle prime lettere inviate dal neo Comandante [Giacomo Ferrari (Arta)], quelli che possiamo definire i punti cardinali del suo pensiero politico e partigiano: l’unione e il rispetto delle differenze, la libertà e la democrazia, l’impegno e la responsabilità. Passiamo ora in rassegna alcune direttive emanate, cercando di capire come, nel coordinamento quotidiano delle formazioni, Arta riuscisse, o meno, ad infondere le sue linee guida. Per quanto riguarda la disciplina dei partigiani, la lettera inviata alle formazioni dipendenti del 17 dicembre, già riportata nel paragrafo sui rapporti tra le brigate, ci fornisce un ottimo esempio di come disciplina e fraternità siano aspetti indispensabili per il Comandante Unico:
“dobbiamo cogliere questa occasione per richiamare nel modo più netto l’attenzione del Comandanti di Brigata e Commissari politici sulla necessità di restaurare sia nei capi sia nei gregari, un assai più vivo senso di disciplina […] quando si affronta la morte per la stessa causa non è permesso trattare il fratello come un estraneo e più volte come un avversario. Purtroppo l’esempio dei capi determina più gravi e dolorose gelosie e avversione tra i gregari delle varie formazioni […]”. <223
Oltre ad abbandonare “gare infeconde, bizze e gelosie” <224 in nome di una maggiore intesa tra le brigate, viene ribadita anche l’importanza della disciplina e del rispetto; in particolare in questo caso si tratta del rispetto degli ordini emessi dal comando, non tanto perché questo sia dotato di un autorità emanata dall’alto ma perché tale autorità è stata conferita proprio dagli stessi comandanti che non ottemperano agli ordini ricevuti:
“il C.U. ha più di una volta chiesto ai Comandanti di brigata le statistiche esatte degli uomini in forza e delle armi da essi possedute. Queste statistiche sono apparse più di una volta inesatte, perché un malinteso orgoglio induce a esagerare le cifre dei Volontari, mentre il timore di vedersi togliere qualche arma suggerisce di nascondere l’esatto numero delle armi possedute […] un deliberazione tre volte presa dal C.U. con l’esplicito voto dei Comandanti di Brigata, e con la loro formale promessa di attenersi, ha disposto che tutti i lanci debbano essere messi a disposizione del C.U. e che questo debba nella sua equità distribuirli fra tutte le formazioni secondo i loro bisogni. Una deliberazione così onesta e così savia non è mai stata rispettata dai comandanti delle brigate i quali hanno apertamente violato gli ordini del C.U. e gli impegni presi […] confidiamo che questa sia l’ultima volta nella quale dobbiamo rivolgerci ai nostri compagni di lotta per dir loro cose sgradevoli”. <225
Seppur con tono pacato e moderato, caratteristico di Arta, il Comandante non esita mettere i comandanti di fronte ai loro errori. Quello di Ferrari non è solo un rimprovero, è una lunga lettera in cui il Comandante, rammaricandosi di doverla impugnare, fa un’analisi precisa e perspicace della situazione tra le brigate; di fronte alle diverse manchevolezze dei comandanti Arta non interviene incisivamente con parole di condanna seguite da un’eventuale punizione, come ci si potrebbe aspettare da un Comandante in tempo di guerra; piuttosto, con toni paternalistici dimostra di comprendere le azioni dei capi, senza per questo condividerle, e mostra dove e perché hanno torto, proprio come ci si aspetterebbe da una figura paterna. Nella conclusione della lettera Arta, insieme a Poe, esorta i Comandanti a:
“Rieducare amorevolmente ma fermamente nei vostri uomini il senso della disciplina e dell’ordine, così nei rapporti verso i superiori, come nella tenuta esterna, bisogna compiere con necessaria severità quella epurazione delle nostre file […] confidiamo nella vostra volenterosa collaborazione, affinché per l’avvenire la cordialità e la disciplina regnino così nei rapporti tra i vari Comandi come nelle file dei volontari della libertà. Questo comanda l’ideale al quale abbiamo dono di noi stessi, per il quale dobbiamo farci più puri e buoni, questo domanda l’Italia, che dobbiamo fare nobile e grande, prima che in ogni altra cosa, nelle nostre coscienze e nei nostri atti”. <226
Questa conclusione è esplicativa del “credo partigiano” che il Comandante vuole infondere ai patrioti. Ancora una volta viene richiamato il senso della disciplina, del rispetto, dell’educazione amorevole ma severa, della collaborazione alla quale si attiene in primis il Comandante Unico, che come un buon genitore, dà il proprio esempio. Infine, in un periodo di guerra, l’invito rivolto ai partigiani non è quello di essere più feroci e agguerriti contro il nemico, e l’ideale da raggiungere non è la sua distruzione; al contrario il Comandante esorta alla collaborazione e all’impegno per un Italia “nobile e grande”.
La concezione della lotta come unitaria e l’importanza della collaborazione tra superiori e comandanti viene ribadita anche nella direttiva sui “licenziamento e i permessi” inviata dal Comando Ovest il 4 marzo 1945:
“Questo comando ha osservato che è ricominciato nelle strade l’affollamento dei volontari che si lamentava nel novembre scorso, e al quale si era posto termine con la volenterosa cooperazione di codesti comandi”. <227
Il paternalismo espresso da Arta e Poe, così manifesto nella lettera sulla disciplina, emerge soprattutto se paragonato con le direttive di altri comandi. Prendiamo ad esempio un confronto tra due ordini emanati dal Comando della zona Ovest e da quello della zona Est, entrambi inviati alle brigate dipendenti e che proibivano ai patrioti di partecipare alle feste da ballo. Così si legge nell’ordine inviato da Gloria e Mauri:
“sono vietate in genere tutte le feste di ballo aventi carattere di pubblicità così indette da partigiani come da privati borghesi. È fatta eccezione per le feste private indette nella stretta cerchia familiare e per quelle autorizzate dai commissari politici di Brigata nei limiti e con le modalità di cui [sic] alle concessioni”. <228
Rispetto a questa incisiva direttiva, il documento inviato da Arta e Poe risulta essere più lungo, esplicativo e “pedagogico”:
“Risulta a questo comando che patrioti di varie Brigate hanno in passato preso parte ripetutamente a feste di ballo e anche a trattenimenti danzanti familiari. A parte il fatto che la gravità dell’ora, il lutto dell’occupazione straniera e il dolore delle popolazioni martoriate rendono sconveniente questo passatempo soprattutto da parte di chi milita nelle schiere di patrioti, è risultato che in più d’un caso la veglia prolungata e la stanchezza del ballo hanno recato nocimento al normale svolgersi dell’attività militare patriottica. Per queste ragioni vi invitiamo a vietare d’ora in poi che i Volontari della Libertà partecipino a veglie danzanti”. <229.
Questi gli esempi di come Gloria e Arta esercitavano il loro Comando; non è difficile, in queste esemplificative direttive, ritrovare quell’uomo “buono ma anche fermo e severo nel richiedere l’osservanza dei principi e dei doveri” descritto da Trasibulo. L’umanità del Commissario e del Comandante della zona Ovest, non riguarda solo i rapporti con i loro uomini, ma anche con il nemico, come si evince da un richiamo fatto ad una brigata riguardo al trattamento dei prigionieri: “Giunge a questo Comando notizia che […] è stato crudelmente seviziato un prigioniero della S.D. [Sicherheitspolizei- SD] italiana, un giovanotto genovese di 20 anni. Questo Comando ha dato tassative disposizioni perché i prigionieri siano trattati umanamente”. <230
In difesa di Arta
Dopo aver analizzato le modalità di gestione del comando e il legame che il Comandante Arta instaurò con le brigate dipendenti, veniamo all’ultima fase della resistenza parmense, nella quale il Comando Unico è coinvolto in una seconda crisi. Abbiamo visto come Giacomo Ferrari durante l’inverno sia stato colpito da un male fisico ma soprattutto psicologico provocato dalla morte del figlio “Franci” (Brunetti Ferrari) colpito durante un rastrellamento. Come scrisse Guido Pisi nel libro su Giacomo Ferrari “il dolore per la morte del figlio fu anche all’origine del grave stato di prostrazione che colse Ferrari nei mesi successivi a quei tragici eventi, proprio mentre la lotta partigiana stava vivendo la sua crisi più acuta”. <231 Di fronte a questo stato di cose, dato che Arta “non è più in grado di disimpegnare le sue funzioni sin qui assolte, se ne impone la pronta sostituzione” <232. Dietro tale decisione, abbiamo visto celarsi motivazioni più di natura militare che sanitaria.
Si potrebbe avanzare l’ipotesi che la malattia di Arta sia stata colta dal Comando Nord Emilia, come pretesto per nominare al Comando Unico un uomo esperto e capace militarmente. Riguardo alla decisa sostituzione riprendiamo le parole del Comandante Nord Emilia, Bertola, inviate al Comando Generale per l’Italia Occupata, dove nel riconoscere il valore dimostrato da Ferrari come partigiano, viene sottolineata la natura militare della scelta presa “esclusivamente per considerazioni superiori di maggior potenziamento della lotta poiché il patriota Arta è meritevole della più alta considerazione ed ammirazione per infinite benemerenze patriottiche pur non possedendo le doti militari indispensabili” <233. Si tratta di una scelta condivisa anche dalla Federazione Comunista, che inviò al Comandante la seguente missiva:
“In considerazione delle tue precarie condizioni di salute e per dare al Comando Unico di Zona del Parmense una maggior efficienza militare, particolarmente necessaria oggi […] ha proceduto alla tua sostituzione […] tu hai ben meritato della lotta di Liberazione Nazionale [sic] e hai saputo tenere alto il prestigio del nostro partito prodigando le tue energie e la tua capacità nel posto di responsabilità che ti era stato affidato. Mentre il partito ti dà atto con soddisfazione di questo tuo comportamento attivo e fattivo è sicuro che senza recriminazioni o resistenze cederai il tuo posto di Comandante. Data la tua coscienza politica, l’attaccamento al P. [Partito ] ed il tuo senso di disciplina siamo sicuri che nel nuovo posto che ti sarà assegnato dall’ organizzazione da cui dipendi, saprai portare un notevole contributo e non risparmierai le tue energie”. <234
Anche se le doti riconosciute dal partito non si discostano da quanto emerso nella documentazione finora analizzata, le parole indirizzate ad Arta possono sembrare una captatio benevolentia, un tentativo di indorare la pillola che sottende l’esortazione rivolta a Ferrari, di accettare la decisione presa e di sottostare alle volontà del Partito. Fatto che, come abbiamo visto, Arta e soprattutto gli altri membri del movimento, non erano disposti ad accettare, come si evince dai giudizi espressi dal Vice Comandante Aceti e dall’Ispettore Nord Emilia Umberto, che in una relazione inviata scrisse:
“questo eccellente uomo, non appena cominciò a superare il suo malessere, riprese con animo virile il suo ufficio […] [riferito alle dimissioni di Arta] ne venne una reazione in favore di Arta da parte di quanti componevano il Comando e da parte delle Brigate stesse che gli espressero la loro fiducia”. <235
La difesa del suo ruolo di Comandante, non venne impugnata solo dagli altri partigiani, ma anche dallo stesso Arta; questi, nel corso di una riunione dove si discusse della creazione del Comando Unico con Comandante Gloria Commissario Gracco, prendendo la parola davanti ad alcuni comandanti parmensi disse:
“il sottoscritto non ha mai cercato di opporsi alle disposizioni del Comando Nord Emilia e chiamo a testimone Bertini e Gracco. […] se occorre le decisioni si pigliano in 24 ore perché qui ho la responsabilità della vita di 5000 uomini ed un Comando non si tiene in crisi continua per tre mesi. Con quale animo posso continuare a svolgere la mia attività di Comandante, i miei rapporti con gli altri quando l’operato domani può essere impugnato, da comandi superiori per i quali vale, secondo la l’affermazione di Primo la cessazione della mia carica? D’altra parte i patrioti parlano di elezione democratica per la quale, essendo creato Comandante, io dovrei continuare nelle mie responsabilità. Deve essere o no applicata la disposizione del Comando Nord Emilia se noi sappiamo che con tale creazione di un nuovo Comando, le Julia molto probabilmente e le Beretta con certezza, si creeranno autonome, alle dipendenze dirette della Missione Alleata, come sembra abbiano minacciato […] perché il Nord Emilia non sale qualche volta in montagna per rendersi conto della reale situazione”. <236
L’intervento di Arta concluse confrontando l’operato del Comandante Gloria in particolare, e il Comando di Zona Est in generale: “dal punto di vista organizzativo, le nostre formazioni non hanno nulla da invidiare a quelle dell’Est e dal punto di vista militare, basta esaminare l’attività degli ultimi tre mesi per rendersi conto” <237. Nella difesa della sua nomina, emerge la responsabilità di cui si sente rivestito Ferrari nell’adempiere al suo ruolo di comando; responsabilità aggravata dal peso della decisione, da parte del Comando regionale, di sollevarlo dall’incarico.
Dalle parole del Comandante si percepisce anche un certo fastidio per le ingerenze nelle questioni parmensi, da parte di un comando lontano, che “il quale senza mai avere avuto contatto diretto con le formazioni volontarie, produceva con interventi tardivi e quindi privi di opportunità” <238. Infine, esplicitamente, il documento fa riferimento al confronto personale tra il Comandante della Zona Est e quello della Zona Ovest. Un confronto, quello tra un comandante “politico” e uno militare, che raramente emerge in maniera così esplicita negli scritti, ma sul quale si sono basate le due crisi del Comando.
[NOTE]
223 Ivi, busta 1 OD, fasc. OV e, f.19.
224 Ibidem
225 Ibidem
226 Ibidem
227 Ivi, busta 1 CU, fasc. OV a, f.65.
228 Ivi, busta 2 CU, fasc. ES e, f. 3.
229 Ivi, busta 1 CU, fasc. OV e, f. 18.
230 Ivi, fasc. OV a, f.121.
231 Giacomo Ferrari, un uomo, una terra, una storia, a cura di M. Giuffredi, G. Massari, M. Rinaldi, p. 98.
232 AISRECP, Fondo Lotta di Liberazione, busta 1 OD, fasc. OC d1, f. 108.
233 Ivi, busta RI, fasc. QC, f.15.
234 AISRECP, Fondo Privato “Giacomo Ferrari”, busta 11 f. 22.
235 Ivi, Fondo Lotta di Liberazione, fasc. QC, f.19.
236 Ivi, f.18.
237 Ibidem
238 Ivi, busta 1OD, fasc. OC d2, f. 27.
Costanza Guidetti, La struttura del comando nel movimento resistenziale a Parma, Tesi di laurea, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Anno Accademico 2017-2018

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Pensionato di Bordighera (IM)
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