Per rispondere all’ottima organizzazione dell’apparato informativo slavo-comunista, la temuta OZNA, l’Esercito e gli Alleati avviarono a partire dal 1946 la costituzione di una serie di organizzazioni paramilitari in funzione anticomunista

La proclamazione dell’armistizio dell’8 settembre 1943 segnò l’avvio di un periodo drammatico per la storia italiana e per il Friuli Venezia-Giulia in particolare <5. La regione, infatti, non solo conobbe l’occupazione tedesca, come tutto il Nord Italia, ma venne inserita all’interno della Zona d’operazioni del litorale adriatico, formalmente facente parte della RSI ma in realtà direttamente amministrata dai tedeschi <6. L’Italia, quindi, a soli venticinque anni dalla sua annessione, perdeva la propria sovranità sulla regione, così duramente conquistata nel corso del primo conflitto mondiale.
La fine della guerra, al contrario delle altre regioni del Nord, peraltro, non segnava l’automatico ritorno delle terre del confine orientale sotto l’amministrazione italiana. Le truppe angloamericane infatti, avevano perso la «corsa per Trieste» contro le forze partigiane jugoslave, le quali avevano occupato sia la città giuliana che Gorizia per circa quaranta giorni. Nonostante gli accordi tra angloamericani e sovietici avessero costretto gli jugoslavi a ritirarsi dietro la cosiddetta «linea Morgan», Tito aveva reclamato l’appartenenza alla Jugoslavia non solo del capoluogo giuliano, ma anche di Udine e del Friuli. A Trieste la situazione era ancora più esplosiva a causa del sostegno fornito dal locale Partito comunista italiano alla soluzione jugoslava della città giuliana, una posizione che agli occhi degli altri partiti che componevano il CLN, veniva giudicata come anti-italiana <7. Tali rivendicazioni segnavano l’inizio dell’aspra contesa tra Italia e Jugoslavia che riguardava il confine orientale del nostro paese, il territorio di Gorizia, Istria, Dalmazia ma in particolare la «questione di Trieste» <8. Anche per tale ragione, l’amministrazione militare angloamericana, diversamente dal resto d’Italia, venne prolungata fino all’entrata in vigore del Trattato di Pace in Friuli (settembre 1947) e, fino al 1954, nella diversa forma della Zona A del Territorio Libero di Trieste, a Trieste e nella sua provincia.
La presenza comunista nella regione rappresentava la preoccupazione maggiore per le autorità locali, politiche (democristiane, azioniste, liberali), ecclesiastiche e per lo stesso Governo militare alleato. Più che la sua consistenza numerica e il consenso nettamente minoritario di cui godeva tra la popolazione friulana, era però temuto il suo ipotizzabile collegamento diretto con Tito. In tal senso la presenza militare alleata veniva giudicata decisiva, in quanto era assente una forza, solitamente rappresentata dall’autorità statale, che potesse fronteggiare una minaccia esterna potenzialmente pronta a combinarsi con una minaccia interna <9.
Tali preoccupazioni peraltro non erano così infondate, soprattutto nel particolare quadro del Friuli orientale, più precisamente in quella che viene definita Slavia veneta (Cividale del Friuli, valli del Natisone), abitata da una significativa minoranza slovena e pertanto rivendicata dalla Jugoslavia.
Proprio in questo territorio poterono trovare spazio aggregazioni paramilitari di ispirazione nazionalista organizzate da ex esponenti della Resistenza osovana, come il III Corpo volontari della libertà (III Cvl), nato all’interno dell’Associazione partigiani Osoppo (Apo) <10. Il gruppo si era costituito su iniziativa dei comandi delle disciolte divisioni partigiane Osoppo-Friuli con lo scopo di «creare un’organizzazione armata che potesse in un primo tempo contenere e quindi neutralizzare l’opera antinazionale di elementi locali, nonché impedire l’infiltrazione nel Friuli da parte dei elementi slavi, provenienti da oltre linea di demarcazione» <11. Tale gruppo, che poteva contare nel 1947 di quasi 4500 unità, inglobava gli ex partigiani della Osoppo in funzione anti-jugoslava sotto il comando dello Stato Maggiore dell’Esercito <12. In particolare, era l’Ufficio Monografie del V Comando Militare Territoriale, dipendente dal V Corpo d’Armata, che provvedeva al reclutamento, al collegamento, all’addestramento e alla mobilitazione dei quadri. La struttura disponeva, inoltre, di un proprio apparato informativo, denominato «ufficio I», che operava in stretto contatto con l’ex Servizio informazioni militare (SIM) e tramite il quale vigilava l’attività dei partiti di sinistra e svolgeva attività di propaganda <13. Il territorio interessante l’organizzazione comprendeva non solo le intere province di Udine e Gorizia ma anche, parzialmente, quella di Venezia <14. Tale attività informativa si esplicava nella compilazione mensile di report sulla situazione politica ed economica della regione, regolamenti inviati all’ex SIM, nonché la preparazione e la distribuzione di giornali che venivano distribuiti anche oltre frontiera, clandestinamente, quali «Il Grido dell’Istria», «Tricolore», «Vendetta dell’Istria», «Italia» <15. La necessità di un’opera di propaganda nei confronti della popolazione giuliana era stata riconosciuta sin dall’immediato dopoguerra dai servizi informativi italiani. Già nel luglio del 1945 infatti, in una relazione sulla «situazione psicologica determinatasi nella Venezia Giulia in seguito all’occupazione della regione da parte delle forze jugoslave», si evidenziava come fosse fondamentale organizzare «un’abile azione di propaganda fra quelle popolazioni sviluppandone i contatti col resto dell’Italia», prendendo provvedimenti «atti a risollevare il morale della popolazione, a rigenerare la fiducia nell’amministrazione italiana, a neutralizzare gli effetti dell’abile propaganda slavofila ed autonomista e delle innovazioni e realizzazioni apportate dall’amministrazione civile jugoslava» <16. All’interno di tale obiettivo si inserì pertanto la creazione del III Cvl, favorita dalla autorità italiane, la cui azione venne man mano sempre più controllata ed eterodiretta. Tale gruppo era sì nato, come recita una circolare interna, per «la difesa del nostro suolo da eventuali offese eterne ed interne», ma anche per «tenere accesa la fiaccola dell’italianità tra le nostre popolazioni» <17. Il III Cvl operava in collaborazione con gruppi simili presenti nella zona, come ad esempio la Divisione Gorizia <18. Nata anch’essa per iniziativa di un gruppo di osovani nell’estate del 1946, operava principalmente nella provincia di Gorizia, in stretto contatto con il III Cvl. Secondo una relazione elaborata dalla Divisione SIS del ministero dell’Interno nel luglio 1947, essa poteva disporre di una forza di circa 1400 uomini armati, il cui compito principale era quello di «opporsi ad eventuali aggressioni armate slavo-comuniste». «Più volte – sottolineava la nota – elementi della divisione Gorizia sono intervenuti con azioni individuali o di massa per rintuzzare manifestazioni propagandistiche slave intese ad ottenere l’annessione della zona alla Jugoslavia o qualsiasi altra azione o provocazione fatta nei riguardi dell’elemento italiano» <19.
[NOTE]
5 E. Aga Rossi, Una nazione allo sbando. L’armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze, il Mulino, Bologna 2006.
6 M. Fioravanzo, Mussolini e Hitler. La Repubblica Sociale sotto il Terzo Reich, Donzelli, Roma 2009, pp. 155-162. Si trattò di una soluzione analoga a quella applicata all’altra zona di confine italiana, ovvero il Trentino-Alto Adige (assieme alla provincia di Belluno), con l’istituzione della Zona d’operazioni delle Prealpi.
7 P. Karlsen, Frontiera rossa. Il Pci, il confine orientale e il contesto internazionale 1941-1955, Libreria Editrice Goriziana, Gorizia 2010.
8 Tra i numerosi lavori sulla «questione triestina»: D. De Castro, La questione di Trieste. La questione politica e diplomatica dal 1943 al 1954, Lint, Trieste 1981; R. Pupo, Tra Italia e Jugoslavia. Saggi sulla questione di Trieste, Del Bianco, Udine 1986; G. Valdevit, La questione di Trieste 1941-1954, FrancoAngeli, Milano 1986; M. De Leonardis, L’Italia, la diplomazia angloamericana e la soluzione del problema di Trieste, in L’Italia e la politica di potenza in Europa, 1950-1960, a c. di E. Di Nolfo et al., Marzorati, Settimo Milanese 1992, pp. 737-753; R. Pupo, Guerra e dopoguerra al confine orientale d’Italia 1938-1956, cit.; M. Bernardelli, La questione di Trieste. Storia di un conflitto diplomatico (1945-1975), Del Bianco, Udine 2006; Trieste nella politica italiana (1945-1954), a c. di G. Parlato, Comune di Trieste, Trieste 2007; M. Cattaruzza, L’Italia e il Confine orientale, cit.; N. Troha, Chi avrà Trieste? Sloveni e italiani tra due Stati, Irsml FVG, Trieste 2008; R. Pupo, Trieste ’45, Laterza, Roma-Bari 2010; A. Millo, La difficile intesa. Roma e Trieste nella questione giuliana, cit.
9 Sull’atteggiamento del clero friulano e del vescovo di Udine in particolare vedi F. Belci, Aspetti del dopoguerra in Friuli. Il Terzo Corpo Volontari della Libertà, cit., pp. 509-518.
10 Il primo gruppo che riunì gli ex osovani fu in realtà l’associazione «Fratelli d’Italia» creata da Prospero Del Din e Luigi Olivieri, mutuata in seguito nel III Cvl. Tale nome indicava in realtà la medesima organizzazione e fu utilizzato fino al 1946, quando venne appunto denominata III Cvl. Vedi G. Pacini, Le altre Gladio, Einaudi, Torino 2014, pp. 105-110 e 114-115.
11 Archivio centrale dello Stato, ministero dell’Interno, Direzione generale di Pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati (d’ora in poi ACS, MI, DGPS, DAGR), G-Associazioni, b. 207, f. Associazione segreta Fratelli d’Italia in Udine, Bande irregolari nelle Valli del Friuli, 14/7/1947.
12 F. Belci, Aspetti del dopoguerra in Friuli. Il Terzo Corpo Volontari della Libertà, cit., pp. 509-550; G. Pacini, Le altre Gladio, cit., p. 96-123; A. Millo, Il «filo nero»: violenza, lotta politica, apparati dello Stato al confine orientale, cit., pp. 420-423.
13 Il 1° giugno 1945, il SIM mutò denominazione in Ufficio informazioni dello Stato maggiore generale. Vedi M.G. Pasqualini, Carte segrete dell’intelligence italiana 1919-1949, Tipografia del R.U.D., Roma 2007, p. 258.
14 Biblioteca del Seminario dell’Arcivescovado di Udine, Fondo Osoppo della Resistenza in Friuli, cart. V 39, Organizzazione O, Relazione del Col. Luigi Olivieri – Memoria sulle modalità di mobilitazione della organizzazione «O», 1956.
15 ACS, MI, DGPS, DAGR, G-Associazioni, b. 207, f. Associazione segreta Fratelli d’Italia in Udine, Stampa clandestina – bollettino «Italia», 28/8/1947. Sul «Grido dell’Istria» vedi in particolare C. Colummi et al., Storia di un esodo. Istria 1945-1956, Irsml FVG, Trieste 1980, pp. 135-140.
16 Archivio Ufficio storico Stato maggiore dell’Esercito, Servizio informazioni militare (d’ora in avanti AUSSME, SIM), b. 516, f. 1-R-14 Situazione politico-militare nella Venezia Giulia e Tridentina, Situazione psicologica determinatasi nella Venezia Giulia in seguito all’occupazione della regione da parte delle forze jugoslave, 2/7/1945.
17 Cit. in F. Belci, Aspetti del dopoguerra in Friuli. Il Terzo Corpo Volontari della Libertà, cit., p. 531.
18 Sulla Divisione Gorizia vedi C. Cernic, S. Kucler, Note sull’associazionismo nazionale a Gorizia, in Nazionalismo e neofascismo nella lotta politica al confine orientale 1945-75, cit., pp. 640-641; R. Spazzali, Gorizia 1945-1948. La difesa dell’identità italiana con la Divisione volontari Gorizia, Lega Nazionale, Trieste 1991; G. Pacini, Le altre Gladio, cit., pp. 110-112.
19 ACS, MI, DGPS, Divisione Servizi Informativi e Speciali (SIS), b. 86, f. QP 29 Gorizia. Situazione politica, Appunti, 30 luglio 1947.
Nicola Tonietto, Organizzazioni nazionaliste e neofasciste al confine orientale nella transizione del dopoguerra (1945-1949), «Qualestoria» n. 2 dicembre 2019

Bisogna infatti considerare che gli informatori si muovevano sullo sfondo di un fronte reso particolarmente caldo dalla presenza di gruppi di ex partigiani filo-italiani (legati per lo più alle brigate “Osoppo”) che erano rimasti operativi nelle Valli del Natisone, nell’Isontino e a Trieste con lo scopo di fronteggiare militarmente l’attacco congiunto dell’esercito jugoslavo e delle unità partigiane comuniste presenti sul territorio, dato per certo dalle alte sfere del Ministero, ma anche per svolgere attività di controllo e delazione in relazione alle attività politiche e militari dei comunisti in loco. La successiva crisi del governo Parri e il recupero di campo da parte delle forze conservatrici aveva poi agevolato la formazione di bande paramilitari e di squadre d’azione da impiegare per la guerriglia urbana, che ricevevano armi e addestramento direttamente dagli ambienti dell’Esercito Italiano con il pieno benestare delle alte sfere del Ministero e del Governo. <39
Tornando all’attività informativa, in generale le Prefetture maggiormente sollecitate nell’invio di materiale informativo e di dossier furono quelle di Udine e Gorizia, che per loro naturale collocazione potevano mantenere contatti diretti anche con i corpi della Polizia di Frontiera, costantemente mobilitata nel controllo dei confini, soprattutto a seguito della loro definizione attraverso i contenuti del Trattato di Pace.
Le informative custodite presso il fondo del Ministero abbracciano con grande completezza tutto il periodo che va dalla fine del secondo conflitto mondiale fino alla fine della travagliata vicenda del TLT, la cui situazione venne attentamente scandagliata dai suoi agenti. Per quanto riguarda la Zona B, che vedeva la presenza costante di quelli che le informative lasciano intravedere come pochi uomini ma ben inseriti negli ambienti della VUJA, <40 ci si concentra soprattutto sulla situazione degli armamenti a disposizione delle truppe jugoslave impegnate a monitorare il confine, sull’intercettazione di documenti interni dell’amministrazione jugoslava, nonché sulle condizioni di difficoltà degli italiani presenti nella zona. <41 Per quanto riguarda invece il versante della Zona A l’attenzione quasi maniacale degli agenti era rivolta allo spostamento di personaggi considerati sospetti per le loro inclinazioni politiche, quasi sempre additati come agenti dell’OZNA <42 e come propagandisti del vicino regime comunista. <43 Esistono lunghi elenchi di persone continuamente monitorate nei loro viaggi tra le due zone, così come di associazioni slovene e di circoli culturali vicini all’UAIS da tenere sotto stretta osservazione in quanto ritenuti impegnati in attività lesiva per il prestigio e l’azione dei partiti politici del “Fronte italiano”. <44 Esisteva inoltre un nucleo operativo impiegato nel controllo di tutti i movimenti dell’agenzia ATI di Trieste <45. In generale non mancano anche lunghe relazioni volte a ricostruire i profili molto articolati della situazione complessiva dei territori contesi.
[NOTE]
39 Anna Millo, La difficile intesa. Roma e Trieste nella questione giuliana 1945-1954, Edizioni Italo Svevo, Trieste, 2011, p. 41, Giovanni Fasanella, Monica Zornetta, Terrore a Nordest, Rizzoli, Milano, 2008, p. 74, Nicola Tranfaglia, Come nasce la Repubblica. La mafia, il Vaticano e il neofascismo nei documenti americani e italiani 1943-1947, Bompiani, Milano, 2004, Faustino Nazzi, Gli anni bui della Slavia. Attività delle organizzazioni segrete nel Friuli orientale, Società Cooperativa Editrice Dom, Cividale del Friuli, 1996
40 Acronimo di Vojna Uprava Jugoslavenske Armije (Amministrazione Militare dell’Armata Jugoslava).
41 ACS, PCM, gabinetto, 1944-1947, b. 3721, ACS, MI, DGPS, 1944-1946, b. 58.
42 Acronimo di Odeljenje za Zaštitu Naroda (Dipartimento per la Sicurezza del Popolo). Si trattava della polizia politica nata in seno all’Armata Jugoslava.
43 Attività di tipo spionistico gestite dall’OZNA in territorio giuliano e friulano erano effettivamente presenti, anche se la documentazione attuale impedisce lo sviluppo di ricerche organiche capaci di individuare strutture operative jugoslave in grado di condurre interventi sistematici e non legati all’improvvisazione dei singoli agenti. Qualche indicazione in più può essere rintracciata nella raccolta di documenti proposta da Alessandro Marzo Magno, La guerra tiepida. Spionaggio e controspionaggio tra Italia e Jugoslavia 1948-1953 nel fondo Affari riservati della Pubblica Sicurezza, nell’Archivio centrale dello Stato, in «Qualestoria», anno XL n.1 giugno 2012, IRSML-FVG, Trieste, pp. 95-110.
44 ACS, MI, Gabinetto, 1947, b. 48.
45 Agenzia Triestina Informazioni. Si trattava di un’agenzia stampa nata nell’aprile del 1947 che aveva sede a Trieste e la cui attività era finanziata dalle autorità jugoslave. Forniva informazioni soprattutto a quotidiani come “Il Lavoratore” e “Il Corriere di Trieste”, due testate non allineate in favore della causa italiana per la Venezia Giulia, costituendo un vero e proprio contraltare all’attività dell’ANSA locale. Vedere Roberto Spazzali, Radio Venezia Giulia. Informazione, propaganda e intelligence nella «guerra fredda adriatica» (1945-1954), IRCI-LEG, Gorizia, 2013, pp. 142-143.
Irene Bolzon, Fedeli alla Linea. Il CLN dell’Istria, il governo italiano e la Zona B del TLT tra assistenza, informative e propaganda. 1946-1966, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Udine, Anno Accademico 2013-2014

Nascevano così ufficialmente dei problemi di confine che non sarebbero stati sanati neanche con il Tratto di Pace del 1947, ma si dovrà attendere il 1954 con la ratifica del Memorandum di Londra per chiudere definitivamente la questione e addirittura gli accordi di Duino degli anni 70. Per rispondere all’ottima organizzazione dell’apparato informativo slavo-comunista, la temuta OZNA, l’Esercito e gli Alleati avviarono a partire dal 1946 la costituzione di una serie di organizzazioni paramilitari in funzione anticomunista. Queste si troveranno a convivere, e in alcuni casi a collaborare, con le strutture ufficiali dell’Esercito, addirittura passando sotto le dirette dipendenze dello Stato Maggiore. Organizzazioni che sorsero su movimenti nati a loro volta in maniera quasi spontanea da alcune disciolte organizzazioni partigiane bianche, su iniziativa di elementi che sentirono la necessità di difendere il Paese dal pericolo comunista restando dunque in armi dopo la cacciata dei nazisti per avviare una sorta di resistenza che potremmo modernamente definire “2.0”.
“Nella zona di S. Leonardo e di S. Pietro al Natisone (Udine) sono in via di costituzione cinque battaglioni dell’ex Divisione “Osoppo-Friuli”. L’approntamento di questi reparti è stato voluto dalle autorità militari alleate, le quali si sarebbero assunte l’impegno di armare il personale. I detti reparti dovrebbero arginare una eventuale improvvisa puntata delle truppe slavo-russe nella zona. Gli alleati – che non desiderano attirare l’attenzione internazionale dislocando nella regione truppe proprie – accorrerebbero subito in aiuto ai reparti italiani, giustificando così il loro intervento. Nelle località di S. Lorenzo, Stregna, Drenchia, S. Pietro al Natisone, e Pulfero sono state già accantonate numerose armi e munizioni e oltre un centinaio di litri di benzina”. <17
La convivenza di tutti questi protagonisti portò ad anni incredibilmente confusi e ricchi di tensioni. Le incertezze per l’appartenenza statale della città si trascineranno sino all’ultimo momento e per circa dieci anni, rendendo la vita estremamente difficile alla popolazione oltre che alla politica. Il compito dell’Esercito fu tutt’altro che semplice, oscillando continuamente tra il monitoraggio e l’intervento. Non mancarono momenti di particolare tensione e scontri a fuoco, venuti alla luce solamente molti anni dopo. In tutto ciò l’apparato organizzativo paramilitare da una parte e dall’altra portava avanti una fervente opera di organizzazione e disturbo che costringeva tutti a prestare sempre la massima attenzione.
[NOTA]
17 Foglio n. 276/4 in data 28 aprile 1946, Udine. Comando generale dell’Arma dei Carabinieri reali, Ufficio servizio e situazione, in AUSSME. Già in Filippo Cappellano, Esercito e ordine pubblico nell’immediato dopoguerra, Italia contemporanea, marzo 2008, n. 250, p. 42.
Junio Valerio Tirone, Il ruolo dell’Esercito nella gestione dell’ordine pubblico ai confini d’Italia nel secondo dopoguerra (1945-1954), Tesi di dottorato, Università degli Studi del Molise, Anno accademico 2021-2022

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