Il panorama politico italiano continua a presentare elementi di continuità

A partire dagli anni ‘60, diversi studiosi hanno sviluppato sistemi di classificazione del territorio nazionale in funzione dei rapporti di forze che esistevano allora tra i due principali partiti in competizione, Dc e Pci. Nella ricerca politologica, sulla scia delle ricerche dell’Istituto Cattaneo alla metà degli anni Sessanta si è ormai consolidata una ripartizione dell’Italia in zone geopolitiche che distingue cinque diverse zone territoriali, ognuna caratterizzata da una differente cultura politica: Nord-ovest, Nord-est, Zona rossa, Centro, Sud. In ognuna di queste aree, ed in particolare nelle regioni “bianche” del Nord-est e in quelle “rosse”, si sono consolidati nel tempo, in parallelo ai processi di costruzione del sistema politico nazionale, un universo di valori e un tessuto di relazioni organizzare divenute predominanti nei principali ambiti economico, politico e culturale, dando luogo a due vere e proprie “sub-culture”: quella socialista e quella cattolica (Galli et al. 1968, p. 37).
[…] Parlare di “territorio” non significa dunque far riferimento ad una dimensione esclusivamente geografica; l’analisi per aree incorpora infatti importanti informazioni riguardanti tradizioni politiche tendenzialmente omogenee insediate in macro-aree del Paese, le quali si riproducono nel tempo attraverso processi di socializzazione politica ed influenza interpersonale (Vezzoni, 2010).

La Tab. 1.7. mostra le statistiche descrittive dell’associazione tra autocollocazione sull’asse sinistra-destra e voto. Solo in questo caso si è ritenuto opportuno indicare nella tabella anche le percentuali relative all’autocollocazione al centro, al fine di ottenere un quadro il più completo possibile della situazione; negli anni 1968-1990, infatti, in alcune regioni l’autocollocazione al centro è infatti preponderante.
Osservando la tabella, si possono notare alcuni segnali di cambiamento. Nel Nord-ovest, fortemente schierato a sinistra fino alla fine della I Repubblica (la percentuali di auto-collocati a sinistra raggiungeva quasi il 50%), con il passaggio alla II Repubblica sembra essersi verificato un mutamento di tendenza: a partire dal 2001, infatti, la percentuale di auto-collocati a destra supera quella degli auto-collocati a sinistra, dando vita così ad un elemento di sostanziale discontinuità rispetto al passato.
Mutamenti avvengono anche per quanto riguarda la Zona rossa: pur mantenendo la sua nomea di area “di sinistra”, infatti, tale caratterizzazione diminuisce in intensità negli anni. Dopo il picco del 1996, quando la percentuale di auto-collocati a sinistra è addirittura il doppio di quella degli auto-collocati a destra (il 61,8% contro il 30,7%), la propensione diminuisce fino ad arrivare ad una sorta di parità con il centro-destra: a partire dal 2001, il successo dell’una o dell’altra area nel sentimento di auto-collocazione dell’elettorato diventa altalenante, con percentuali molto simili tra auto-collocati a sinistra ed autocollocati a destra che vedono di anno in anno la prevalenza dell’uno o dell’altro schieramento.
Per quanto riguarda il Nord-est, la “zona bianca”, fino agli anni ’70 vedeva la maggioranza dei suoi cittadini collocarsi al centro (51,9% nel 1968 e 53,1% nel 1972). A partire da allora, con l’unica – eclatante – eccezione del 1996, anno in cui il 51,3% degli intervistati si colloca a sinistra, dal 2001 l’area si schiera nettamente a destra, con percentuali che raggiungono (e talvolta superano) il 50%.
Un processo analogo avviene nelle regioni del Sud: dopo una considerevole importanza della componente centrista fino agli anni Settanta, gli anni Novanta vedono una certa (se pur debole) simpatia per lo schieramento di sinistra, con percentuali di auto-collocati lievemente superiori a quelle dei corrispettivi di destra; a partire dal 2001, però, anche il Sud si inizia ad auto-collocare, con una certa stabilità, prevalentemente a destra.
Infine, le regioni del Centro mostrano nella II Repubblica un orientamento particolarmente altalenante nel tempo, con vistosi cambiamenti di anno in anno: mentre nel 1996 il 56,8% degli abitanti di tale area si auto-collocava a sinistra, ed il 36,3% a destra, nel 2001 le percentuali si ripresentavano addirittura invertite, con una percentuale del 36,8% auto-collocata a sinistra ed il 51,1% schierato a destra.
Complessivamente, dunque, nel passaggio dalla I alla II Repubblica si possono scorgere segnali di mutamento, in particolare: nel Nord-ovest a una sostanziale predominanza della sinistra nella Prima Repubblica si sostituisce ora una netta prevalenza della destra; nel Nord-est e al Sud il favore raccolto fino agli anni Novanta dagli schieramenti centristi evolve anch’esso a favore della destra; l’auto-collocazione marcatamente a sinistra delle Zone Rosse, da parte sua, si è progressivamente affievolita negli ultimi anni; infine, il Centro mostra un andamento altalenante dovuto probabilmente alle specifiche circostanze che caratterizzano ogni tornata elettorale più che a un trend di lungo periodo.
Nonostante molti segnali di cambiamento possano essere osservati, con l’eccezione del Nord-ovest non sembrano esservi segni evidenti di riorientamenti che possano far pensare ad un radicale indebolimento delle disparità territoriali: il panorama politico italiano continua a presentare elementi di continuità, riflessi nel significativo impatto che le tradizioni politiche continuano a ricoprire (Vezzoni, 2010 p. 184)
1.4.2. La religione
Ultima variabile da analizzare rimane, infine, la religione: un fattore di particolare rilevanza se si tiene conto del fatto che, sia nel suo aspetto istituzionale e organizzativo sia in quello culturale e normativo, la religione plasma il comportamento di individui e collettività da migliaia di anni, con un’inedita capacità di sopravvivenza e adattamento anche in circostanze avverse (Maraffi, 2010, p. 160).
Dalla rivoluzione industriale in poi, ed in particolare a partire dalla metà del XIX secolo, le posizioni anticlericali (così come la difesa degli interessi dei lavoratori) sono state stabilmente associate all’area di sinistra, mentre la destra si occupava della rappresentazione dei segmenti più religiosi della popolazione e delle classi più agiate (Laponce, 1981, p. 53)
In Italia, nel 1968 quasi l’80% dei cattolici praticanti regolari indirizzava il proprio sostegno politico verso i partiti di centro-destra. Fra coloro che frequentavano con regolarità le funzioni religiose e i non praticanti, il divario in termini di scelte elettorali era abissale: 65 punti percentuali. La stragrande maggioranza di questi voti andavano alla Democrazia Cristiana: questa otteneva infatti quasi il 70% dei propri voti dai cattolici praticanti, al punto da guadagnarsi la nomea, con riferimento ai primi due decenni della storia repubblicana, di “partito dei cattolici” (Maraffi, 1910, p. 160)
Sembra a molti che vari processi – come la secolarizzazione, la fine della Dc e la frammentazione della rappresentanza politica cattolica – abbiano contribuito a mitigare, ma non a rimuovere, la frattura sociopolitica basata sulla dimensione religiosa, che ha segnato profondamente la storia sociale e politica nazionale (Ceccarini, 2008, p 123).

Le Fig. 1.11 e 1.12 rappresentano, rispettivamente, l’auto-collocazione a destra (Fig. 1.11) piuttosto che a sinistra (Fig. 1.12) di tre categorie di intervistati: i praticanti regolari, i praticanti saltuari e i non praticanti. Come indicatore di religiosità si è assunta la frequenza alla messa domenicale, suddivisa in tre modalità: tutte le domeniche; qualche volta l’anno; mai.
Guardando alla composizione dei due gruppi – gli auto-collocati a destra e gli auto-collocati a sinistra – emerge immediatamente una prima caratteristica dei due tipi di elettorato: le preferenze di praticanti regolari e non praticanti per l’uno o l’altro schieramento sono opposte e si rivolgono, rispettivamente, a destra (praticanti regolari) piuttosto che a sinistra (non praticanti). La direzione di tale relazione rimane stabile nel tempo, pur attenuandosi in intensità: se pur meno che in passato, l’effetto della religione sull’auto-collocazione sembra permanere, nonostante le critiche avanzate, anche nel 2013.
Un mutamento significativo interessa però in particolare l’andamento dell’auto-collocazione dei non praticanti. Osservando la Fig. 1.11, infatti, si può vedere che la percentuale di non praticanti che ritiene di auto-collocarsi a destra aumenta notevolmente nel corso degli anni, con una crescita progressiva che precede addirittura la caduta della Dc e la fine della I Repubblica. <10
In corrispondenza, nella Fig. 1.12 si può vedere come la percentuale di non praticanti auto-collocata a sinistra, se pur maggioritaria, diminuisce fortemente nel corso degli anni. Come a dire: mentre negli anni Sessanta l’essere non praticante era una caratteristica pressoché esclusiva degli elettori di sinistra, successivamente tale binomio ha smesso di esistere; al giorno d’oggi, esiste sempre una maggior propensione dei non praticanti ad auto-collocarsi a sinistra, ma l’essere non praticante non esclude più a priori la possibilità di essere, al contempo, di destra.
Apparentemente, questo cambiamento sembrerebbe suggerire un “affievolimento” del cleavage Stato-Chiesa, con una riduzione degli effetti della religione sulla propria auto-identificazione politica. In realtà, guardando alla figura 1.12, la questione non è così semplice: infatti, mentre abbiamo visto un aumento delle preferenze dei non praticanti per l’area di destra, con l’eccezione del 1996 non emerge al contrario alcun incremento nella tendenza all’autocollocazione a sinistra da parte dei praticanti regolari.

Tale sbilanciamento (un aumento nel numero di non praticanti che si auto-colloca a destra, non corrisposto da un contemporaneo aumento nel numero di di praticanti regolari che decide di auto-collocarsi a sinistra) si evince ancora più chiaramente dalle Fig. 1.13 e Fig. 1.14, raffiguranti rispettivamente la tendenza ad auto-collocarsi a destra piuttosto che a sinistra dei non praticanti (Fig. 1.13) e quella dei praticanti regolari (Fig. 1.15).
Le due figure mostrano in maniera più chiara quanto evidenziato nel paragrafo precedente: se negli anni “l’ostilità” dei non praticanti nei confronti della destra sembra essersi affievolita, con una percentuale di auto-collocati in
tale direzione che a partire dal 2008 si attesta su valori simili, quando non superiori, a quelli derivati dall’auto-collocazione a sinistra, la reticenza dei praticanti regolari verso l’area di sinistra non sembra invece, con l’eccezione del 1996 e del 2013, essere altrettanto significativamente diminuita.
1.5 Conclusioni
E’ dunque ancora possibile catturare con un’istantanea l’elettore-tipo di destra e quello di sinistra, ed evidenziarne le caratteristiche socio-demografiche di base? Il quadro che emerge da queste analisi non ci da una risposta univoca.
Da un lato, vedere i due segmenti di popolazione come blocchi distinti e senza sfumature sarebbe, inutile dirlo, scorretto e fuorviante. E ciò non soltanto perché raramente in sociologica è possibile tracciare una linea netta per distinguere categorie contrapposte, ma anche perché in questo specifico caso il confine è particolarmente labile e se ci sono – e ci sono – delle differenze queste vanno “prese con le pinze”, enucleate con cautela.
Ciononostante, tenendo ben a mente questa premessa è possibile affrescare un timido ritratto delle due categorie di auto-collocati. Da quanto analizzato, è possibile dire che tendenzialmente negli ultimi anni coloro che si auto-collocano “a sinistra” hanno un titolo di studio più elevato, mentre la destra della II Repubblica attrae maggiormente individui con un titolo di studio più basso. L’età ed il sesso sembrano, invece, aver attutito il loro effetto sull’auto-collocazione, grazie in particolare alla parità raggiunta tra uomini e donne specialmente attraverso la scolarizzazione di massa; guardando alle coorti di nascita, invece, è possibile individuare due generazioni politiche polarizzate: coloro il cui processo di socializzazione politica si è svolto negli anni del fascismo sembrano infatti presentare una tendenza ad auto-collocarsi a destra, mentre chi ha vissuto la propria giovinezza nel clima degli anni Sessanta sembra mantenere negli anni una maggior propensione all’auto-collocazione a sinistra.
Religione e classe sociale sono state interessate da un processo in qualche maniera analogo: la classe operaia e i non praticanti, categorie di persone che un tempo si autocollocavano pressoché esclusivamente a sinistra, hanno visto ridursi la loro distanza dalla destra ed avvicinarvisi negli ultimi decenni; al contrario, l’area di sinistra non sembra aver attratto più di tanto nuovi segmenti della popolazione, fatto salvo per il già citato nuovo successo riscosso presso gli individui con un alto livello di istruzione, il cui avvicinamento a sinistra potrebbe però essere spiegato più facilmente dalle trasformazioni che hanno interessato l’istruzione piuttosto che da quelle che hanno interessato la sinistra.
Infine, non troppo dissimile è la situazione che appare dall’analisi delle zone geopolitiche di appartenenza: mentre l’auto-collocazione a sinistra degli abitanti della Zona Rossa sembra essere diminuita degli anni, non si ha traccia di un’analoga tendenza verso una minor auto-collocazione a destra dei residenti nel Sud e nel Nord-est, tradizionali nicchie elettorali della Dc; lo stesso Nord-Ovest è passato nella II Repubblica da una propensione all’auto-collocazione a sinistra verso un’identificazione prevalentemente nell’area di destra.
Forse un po’ grossolanamente, questo è il quadro emerso dallo studio della relazione tra le sei principali variabili socio-demografiche e l’auto-collocazione sull’asse destra-sinistra.
Si tratta, per definizione, di generalizzazioni, che possono però rivelarsi utili nel portare avanti il nostro percorso di indagine: alla ricerca di ciò che rimane, oggi, di destra e sinistra nel “cuore” dei cittadini.
10 L’aumento corrispondente della percentuale di praticanti saltuari e regolari che decide di auto-collocarsi a destra (Fig. 1.11), invece, è dovuta alla mancata rappresentazione nel grafico dell’auto-collocazione al centro, ove una percentuale notevole di praticanti si collocava fino alla fine della I Repubblica. La mancata rappresentazione del centro non distorce però la rappresentazione dell’aumento del’autocollocazione a destra dei non praticanti, poiché solo una percentuale minima di questi ultimi si autocollocava al centro (5 in una scala da 0 a 10)
Francesca Arcostanzo, Sinistra e destra: gruppi sociali, auto-collocazione politica e opinioni degli elettori italiani (1968-2013), Tesi di laurea, Università Luiss “Guido Carli”, Anno Accademico 2012-2013

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