Partigiani e patrioti del Partito d’Azione nel Veneto

Il Veneto dal settembre del ’43 fino alla conclusione della guerra fu, a causa della sua posizione di regione marginale e di confine, sotto una stretta sorveglianza nemica, considerata insieme al Friuli luogo strategico dagli ex alleati poiché passaggio per una possibile ritirata tedesca e attraversata da numerose vie di comunicazione necessarie per il traffico dei rifornimenti con Austria e Germania. Proprio queste vie di comunicazione e rifornimento diventarono l’obiettivo principale della guerra partigiana nelle provincie di Belluno e Vicenza e di conseguenza anche la sorveglianza nemica si fece più stringente.
«Gli stessi nazisti, specie nell’ultimo periodo di guerra, hanno attribuito nelle loro relazioni taluni insuccessi proprio al logorio cagionato dalla guerriglia partigiana ed hanno denunciato la coralità popolare del fenomeno, che ha trovato consenso in larga parte nel Paese» <13. Relazioni con i partigiani veneti erano tenute anche dagli alleati, specialmente dagli inglesi, che in molti casi coordinarono e incentivarono il sabotaggio di ponti, viadotti stradali e ferroviari; soprattutto cercarono di essere sempre informati sugli allestimenti difensivi lungo la fascia pedemontana. Contro i tedeschi il movimento partigiano veneto annoverava anche una “ostilità generazionale” risalente alla prima guerra mondiale, quando dopo Caporetto molte zone della regione furono invase e occupate dai loro alleati austriaci. Fondamentale inoltre fu anche l’apporto della Chiesa del Veneto che esercitò sia il ruolo di mediatrice tra le parti contendenti, sia condusse opere a sostegno del movimento partigiano della regione tramite coraggiosi parroci di montagna, molti dei quali pagarono lo scotto venendo fucilati.
Il Partito d’Azione vicentino e Antonio Giuriolo
A seguito dell’indebolimento del regime fascista, causato dai primi insuccessi della seconda guerra mondiale, alcuni oppositori di estrazione liberal democratica come Ugo La Malfa, Piero Calamandrei, Adolfo Tino e Mario Bracci, e altri del mondo progressista e radicale come Guido Dorso, Tommaso Fiore, Luigi Salvatorelli, Adolfo Omodeo, oltre ai liberalsocialisti di Guido Calogero, Norberto Bobbio e Tristano Codignola, sentirono l’esigenza di costituire un nuovo soggetto politico. Il Partito d’Azione (PdA) venne costituito clandestinamente il 4 giugno 1942 nell’abitazione romana di Federico Comandini alla presenza di Guido Calogero, Ugo La Malfa, Mario Vinciguerra, Edoardo Volterra, Franco Mercurelli, Vittorio Albasini Scrosati, Alberto Damiani e di due delegati per l’Italia meridionale e la Sicilia, e trasse il suo nome dall’omonimo partito fondato da Giuseppe Mazzini (1853-1867). Il pensiero mazziniano fu ispirazione sia del Partito Repubblicano italiano, sia del movimento politico Giustizia e Libertà di Carlo Rosselli (1929) e del Partito d’Azione del 1942. Il PdA ebbe vita breve e si sciolse nel 1947. Nell’occasione della fondazione del partito La Malfa illustrò un programma costituito di “sette punti”, redatto in una riunione tenutasi la settimana prima a Milano in cui parteciparono alcuni futuri azionisti (tra cui Giuriolo per Vicenza), contenente indicazioni di massima per la costituzione di un futuro riformatore: costituzione di una repubblica parlamentare con classica divisione di poteri; decentramento politico-amministrativo su scala regionale (regionalismo); nazionalizzazione dei grandi complessi industriali, riforma agraria (revisione dei patti colonici); libertà sindacale, laicità dello stato e separazione fra Stato e Chiesa; proposta di una federazione europea dei liberi Stati democratici <14. Nel 1943 con la caduta di Mussolini aderirono al PdA anche molti esponenti del movimento Giustizia e Libertà fondato a Parigi nel 1929, dai fratelli Carlo e Nello Rosselli, Emilio Lussu e Alberto Tarchiani, intenzionati a riunire tutto l’antifascismo non comunista e non cattolico, che si era rifugiato ed organizzato in Francia. L’esponente di spicco di GL Emilio Lussu, rientrato il 15 agosto fu subito inserito negli organismi di vertice del Partito d’Azione. Tale operazione fu una precisa scelta politica del gruppo dirigente azionista, in particolare di Ugo La Malfa. <15
Per quanto riguarda il ruolo del PdA nella Resistenza Giovanni De Luna ci informa che: “La scelta della lotta armata per il PdA fu una conquista politica graduale, nella quale il corpo complessivo del partito fu progressivamente coinvolto lungo un percorso scandito da incertezze, esitazioni, slanci improvvisi” <16.
In Veneto la decisione di intentare un’organizzazione clandestina armata si può attribuire integralmente all’iniziativa di Silvio Trentin: “Nel suo ‘Appello ai Veneti guardia avanzata della nazione italiana’ (scritto proprio nel settembre, anche se pubblicato solo sul numero del 1° novembre 1943 di «Giustizia e libertà» del Veneto) egli aveva immediatamente rotto con ogni forma di attendismo, lanciando la parola d’ordine «di darsi alla macchia, di raggrupparsi, di ricominciare insieme nella fraternità di una libera federazione di pionieri della nuova Italia, di armarsi, di battersi e, se occorre, morire. Proprio nel Veneto, infatti, soprattutto a Padova e Venezia, la lotta partigiana avrebbe assunto una sua caratterizzazione squisitamente urbana e «colpista». Attentati, sabotaggi, imboscate: la guerra in città puntava a colpire direttamente le forze nemiche, intralciando i trasporti, paralizzando le vie di comunicazione, in uno stillicidio di azioni che mirava a rendere sempre precaria l’occupazione nemica”. <17
Concentrandoci nel territorio di Vicenza dove si svolgono i fatti del romanzo PM [Luigi Meneghello, I piccoli maestri], Il Partito d’azione vicentino vide la partecipazione di figure di rilievo, non tanto durante la guerra e nell’ambito del partito stesso ma più che altro per quanto riguarda il prestigio nazionale che molti di loro acquisirono negli anni successivi alla guerra. Furono azionisti vicentini gli accademici Mario del Pra, Licisco Magagnato, Luigi Meneghello, Giovanni Tabacco e Mario Mirri, giornalisti come Gigi Ghirotti e Renato Ghiotti; Ettore Gallo presidente della Corte Costituzionale e Giandomenico Sertoli segretario all’Arar e poi funzionario della Banca Europea. <18 Il periodico ufficiale del Partito d’azione vicentino fu il «Il Lunedì» il cui primo numero fu pubblicato il 3 settembre 1945. Bene Galla inizialmente direttore del giornale fu sostituito da Licisco Magagnato quando Galla dovette spostarsi a Padova. La redazione era formata da Renato Ghiotto, Gigi Ghirotti, Enrico Niccolini, Mario Mirri e Jacopo Ronzani. Il giornale ci fornisce un’idea abbastanza chiara delle linee politiche e ideologiche portate avanti dal PdA Vicentino, che privilegiavano la «concretezza e la politica senza strutture» <19.
Così recita un intervento di Magagnato: “Il carattere del partito noi abbiamo cercato si definisca attraverso la comprensione dei nostri vari atteggiamenti che sono tutti ispirati, ci pare, a quei principi democratici, liberali, socialisti che danno il carattere al nostro partito” <20. Nel gennaio del ’46 il giornale si fuse con il foglio azionista veneziano «Nuovo lunedì. Giustizia e Libertà»; in questa veste il giornale fu pubblicato fino al marzo di quell’anno. Fin dagli esordi del partito esso si era interessato a creare corsi culturali che voleva chiamare “Scuola libera popolare del Lunedì”, iniziativa che mai si concretizzò tanto che si spostò l’interesse verso la Scuola libera popolare della Società di Mutuo soccorso. Il partito d’azione comunque operava largamente in questo ambito, tanto che la Casa di cultura e il Circolo del cinema furono tra i luoghi preposti dove diffondere e discutere le idee. Sul «Lunedì» inoltre era inserita una rubrica di cinema curata da Renato Ghiotto (Camera) e furono pubblicati alcuni libri dalle «Edizioni del Partito d’azione».
Tornando agli anni della guerra, figura cardine dell’azionismo vicentino e diventata quasi mito è quella di Antonio Giuriolo, giovane professore antifascista che riunì sotto la sua ala altri giovani resistenti e che fu soprattutto punto di riferimento morale dei “piccoli maestri”, i protagonisti al centro dell’omonimo racconto meneghelliano, punto cardine nella mia trattazione. Di Antonio Giuriolo fino al 1984 mancò un vero e proprio profilo biografico, colmato dalla penna di Antonio Trentin con la pubblicazione del suo libro <21 e prima delineato solo marginalmente da Luigi Meneghello appunto nel romanzo “I piccoli maestri” pubblicato nel 1964. Per quanto riguarda la sua formazione e la sua filosofia morale non fu pubblicato nulla fino al 2016 quando Renato Camurri ha curato l’edizione dei suoi Quaderni <22.
Antonio Giuriolo si laureò a Padova in Lettere con una tesi critica su Fogazzaro <23 e rifiutò immediatamente l’iscrizione al partito fascista, scelta che gli impedì di poter insegnare nella scuola pubblica. Alla scelta di rifiutare il tesseramento fu conseguenza diretta la scelta di passare i mesi da settembre a novembre del ‘43 in Friuli sul confine iugoslavo per poi accorrere sui monti bellunesi dove lo raggiunsero nel marzo gli amici vicentini <24.
“Senza di lui non avevamo veramente senso, eravamo solo un gruppo di studenti alla macchia, scrupolosi e malcontenti; con lui diventavamo tutta un’altra cosa. […] Ora tutto appariva semplice e chiaro. Sospiravamo di soddisfazione perché era arrivato Toni, e anche nelle rocce, nel bosco, pareva che se ne vedesse un segnale”. <25
“E così fu adunata la scuola di Toni Giuriolo in Altopiano, la nostra bella scuola”. <26
Il maestro fu ucciso il 12 dicembre 1944 sull’Appennino ma la notizia della sua dipartita arrivò a Vicenza solo a guerra conclusa e i suoi funerali si celebrarono nel giugno del ’45 quando la salma rientrò direttamente da Bologna.
[NOTE]
13 MURACA, Resistenza e guerra di liberazione, p.1
14 G. DE LUNA, Il partito della Resistenza. Storia del partito d’azione 1942-1947, Utet, 2021, e-book, p.54
15 Ivi, p. 108
16 Ivi, p. 147
17 Ivi, p. 151
18 G.A. CISOTTO, Nella giustizia la libertà. Il Partito d’azione a Vicenza (1942-1947), Vicenza, Cierre edizioni, Istrevi, 2010, p.13
19 Ivi, p. 146
20 Proposta, «Il Lunedì», 12 novembre 1945
21 A. TRENTIN., Antonio Giuriolo (un maestro sconosciuto), Neri Pozza, Vicenza, 1984
22 R. CAMURRI, Pensare la libertà. I quaderni di Antonio Giuriolo, Venezia, Marsilio, 2016.
23 Ne è il relatore il Professor Giovanni Bertacchi (Chiavenna, 9 febbraio 1869 – Milano, 24 novembre 1942) docente di Letteratura Italiana dal 1916 al 1938. Per la carriera universitaria di A. Giuriolo v. il fascicolo personale nell’Archivio dell’università di Padova (matr. 100/G, lauree 1935) che conserva anche il dattiloscritto della tesi di laurea: Antonio Giuriolo, La poesia di Antonio Fogazzaro. R. Università di Padova. Facoltà di Lettere e Filosofia. Anno accademico 1934-35.
24 Fermo Solari così ricorda la prima esperienza di Giuriolo in Friuli: «[…] L’incontro con Toni Giuriolo avvenne così: di ritorno dal territorio jugoslavo immediatamente oltre il confine (non so con precisione da dove) egli mi cercò ad Udine e, attraverso mia cognata Lea Martini in Spediti che era a conoscenza della località in cui ci trovavamo, poté raggiungermi. Giuriolo giunse così a Subit, una frazione del comune di Attimis, nella pedemontana fra Tracento e Cividale, a circa 800 metri di altitudine, Giuriolo pertanto entrò a far parte di questo primo gruppo G.L. (circa 30 persone) che più tardi si fuse – per tramite di colloqui che ebbi col commissario garibaldino Lizzero – con la brigata Friuli, garibaldina appunto, che raccoglieva numerosi resistenti ma mancava di partigiani preparati al comando, come invece erano i nostri ufficiali giellisti, che furono bene accolti grazie anche alla cordiale presentazione del futuro deputato comunista». Museo del Risorgimento e della Resistenza di Vicenza, Archivio Partito d’azione. Federazione provinciale di Vicenza, b.5, fasc. “corrispondenza Trentin”, dichiarazione di Fermo Solari presa a Udine il 27 febbraio 1978.
25 MENEGHELLO, PM, p. 85
26 Ivi, p. 87
Valentina Viero, L’esperienza del Piccolo Maestro. La Resistenza e il percorso introspettivo di Luigi Meneghello, Tesi di Laurea, Università Ca’ Foscari Venezia, Anno Accademico 2019-2020

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Pensionato di Bordighera (IM)
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